Motoseghe in città. Il tema infiamma e lo specialista spiega: «Non è solo dalla chioma che si giudica la salute di una pianta. Un tiglio in natura arriva a 200 anni, ma in città a 100 è già vecchio»
BELLINZONA - Dici tigli e pensi ai tagli. Inevitabile, visto che da ogni abbattimento d’albero in Ticino fioriscono polemiche. Da Lugano a Bellinzona le autorità sono accusate di far uso esagerato di motoseghe. L’aspetto positivo è che la popolazione sembra sempre più attaccata al verde. Quello negativo è che tutti si credono specialisti. Ma non è dalla sola chioma che si giudica la salute di una pianta.
Il dottore degli alberi - E allora sentiamo chi meglio conosce la materia. «Ventisette anni fa sono stato uno dei primi ad occuparmi della cura dei grandi alberi in Ticino. Mi sono specializzato in una scuola apposita in Svizzera interna» ricorda Antonio a Marca, che con la sua ditta viene sovente interpellato dai Comuni. Il suo responso è spesso decisivo per stabilire se curare o tagliare.
Quando tagliare è inevitabile - Da platani ai cedri del Libano, passando per castagni, pioppi e aceri, il curatore degli alberi è un po’ medico e un po’ becchino. Non c’è conflitto, gli chiediamo. «No, perché è mio interesse salvare l’albero che dà il pane a me e ai miei cinque dipendenti specializzati nella cura dei grandi alberi. Sono molto conservativo e l’abbattimento è l’ultima ratio. Ma se la pianta ha superato la soglia del pericolo o se la sua prospettiva di vita è breve, tagliare è inevitabile». È l’aspetto, dice, che spesso sfugge all’opinione pubblica: «Il problema molte volte sta nell’apparato radicale. La chioma può essere bella, vitale, vigorosa, ma le radici possono essere marce. Un albero che cade in città fa clamore e rappresenta una minaccia, non è come nel bosco».
La ruspa s’avvicina troppo - Un problema di radici, che inevitabilmente sta a monte. «Gli alberi vanno rispettati prima - dice a Marca -. Va un po’ meglio di vent’anni fa, ma ancora oggi ne vedo di tutti i colori. Chi costruisce, soprattutto il privato ma non solo, tende a sfruttare al massimo il terreno a scapito del verde» . E allora si scava fino a lambire e danneggiare le radici.
Le traversie degli alberi in città - Da almeno un secolo i viali alberati sono un elemento centrale dell’arredo cittadino. Il fatto che negli ultimi anni si arrivi spesso all’abbattimento dipende solo in parte dal “naturale” percorso vitale dell’albero. «La maggior parte dei viali alberati storici in Ticino sono nati su strade sterrate. Hanno tutti tra gli 80 e i 120 anni. Il problema è che negli ultimi 40 anni alla base di queste piante è avvenuto di tutto e di più: dalla posa delle canalizzazioni, all’asfalto, ai cordoli, spesso ogni lavoro ha ferito le radici. Solo negli ultimi decenni è cresciuta l’attenzione per ciò che sta sotto terra». Molti alberi sono inoltre giunti al capolinea: «In natura un tiglio può arrivare tranquillamente a 200 anni, ma non in città dove a 100 anni un albero è vecchio».
Viali “bonsai” - Fondamentale è dare spazio all’albero per mettere radici e crescere. «Vedo ancora troppi viali fatti tanto per fare. Senza dare loro le giuste condizioni, le piante non crescono, si nanizzano e saranno sempre mezze decrepite fino al taglio tra 20 o 30 anni. Fondamentale è la preparazione e l’impianto. Un albero non cresce dentro una carriola di terra» dice l’esperto.
Criticate, ma virtuose - «Bellinzona e Lugano, con i loro tecnici, - continua a Marca - si impegnano moltissimo per la cura del proprio verde. Dando molta attenzione a cosa e dove si pianta». Eppure a Lugano c’è stata polemica per i tagli in stazione: «Erano dei tigli che forse, malgrado i difetti, potevano resistere ancora qualche anno. Ma non con il cantiere della strada che avrebbe creato inevitabili problemi statici agli alberi». Da una città all’altra si è polemizzato anche nella capitale per il taglio dei cedri in stazione: «Che erano stati intaccati dall’armillaria (il fungo chiodino, ndr). In quello stato potevano sopravvivere forse ancora per un paio d’anni. Impossibile lasciarli deperire in un luogo trafficato come quello senza creare pericoli. Ma ne verranno piantati cinque nuovi, in condizioni ideali per garantire la crescita e lo sviluppo ».
Il politico fa l’albero - L’esperienza diretta di Antonio a Marca gli fa dire che spesso nei paesi c’è riscontro diretto tra la sensibilità degli amministratori e la salute delle piante. In molti comuni questa attenzione è già presente. «Mi sembra invece un dibattito sterile lamentarsi per gli abbattimenti senza conoscerne le cause. Bisognerebbe parlare inoltre di quello che si salva e si pianta».