La gerente di un bar racconta cosa è successo dal giorno dell'introduzione delle nuove direttive cantonali
L'obbligo di registrare i dati, sommato al divieto di consumare in piedi, sta svuotando gli esercizi pubblici. La critica dell'esercente: «Non hanno considerato gli effetti su locali piccoli come il mio»
GRAVESANO - La chiamano “ripresa dei dati”, ma per molti esercizi pubblici ha piuttosto il sapore della resa dei conti che prosciuga gli incassi. Per capire quali sono gli effetti dell’obbligo di chiedere al cliente nome e numero di telefono abbiamo raccolto il parere della gerente di un bar dove tale normativa viene applicata. Una che ci mette nome e faccia.
L'emorragia di clienti - Al Bar Reno si sono adeguati subito alle direttive cantonali (a differenza di molti altri esercizi pubblici meno rispettosi dell’ordine). Per rendere più “friendly”, meno inquisitoriale, la novità hanno adottato anche un’App socialpass con cui registrare il passaggio degli avventori. Ma l’emorragia di clientela c’è stata e massiccia dice la gerente Monica Bianchini: «Sono molto delusa - esordisce -. Ci hanno messo nella condizione in cui i clienti non vanno più al bar. Per i ristoranti è diverso, lì i dati vengono già raccolti al momento della prenotazione telefonica, ma chiedere nome e numero di cellulare per bere un caffé o una birra allontana l’avventore».
Quattro amici al bar - Il suo locale, situato a Grumo di Gravesano, al piano terreno di un ristorante, punta sugli aperitivi e le serate: «Il mio è un piccolo bar dove sostanzialmente a partire dalle 5 del pomeriggio vendiamo divertimento. Ora con il distanziamento e le nuove direttive se mi entrano quattro persone devo indirizzarle a quattro tavoli separati». Le novità, oltretutto, suonano doppiamente beffarde per lei che ha investito per mettere il plexiglass al bancone e i separé dove non c’erano le distanze tra tavoli. «A mie spese» tiene a sottolineare Monica.
La diminuzione degli incassi - Oltre alla raccolta dati, a pesare c’è infatti anche il divieto di consumare in piedi al bancone. Con ripercussioni molto pesanti sulla cifra d’affari. «Dal giorno dell’entrata in vigore delle nuove norme gli incassi sono diminuiti notevolmente. Le decisioni dell’autorità penalizzano i piccoli locali, mentre per chi fa ristorazione non cambia sostanzialmente nulla. Oltretutto in questo periodo beneficiano dell’effetto traino della selvaggina». È il capriolo che ti fa restare in sella.
«Noi piccoli, dimenticati» - La gerente conclude con un suggerimento e una critica: «Non ci sarebbe stata tutta questa confusione se le autorità, magari per il tramite di GastroTicino, avessero imposto a tutti gli esercenti un’App di registrazione unica. Per i clienti meno tecnologici? C’è sempre la possibilità di creare un codice QR». Il rimprovero al Consiglio di Stato è invece di non avere fatto distinzione tra esercizi pubblici: «Non hanno considerato gli effetti su locali piccoli come il mio. A questo punto era forse meglio che ci chiudessero, come con le discoteche, per avere così diritto alle indennità. Anche perché non tutti rispettano le direttive, ho visto con i miei occhi locali dove regnava l’anarchia. Tutti in piedi a ballare col bicchiere in mano e i dati mi sono stati chiesti dopo un’ora che ero lì. Dopodiché il cliente, giustamente, ti fa notare che in quel tal locale non ti chiedono nulla. Così non va e il mio pensiero è quello di tanti gerenti».