Assistono al parto, ma sono presenti anche al termine di una vita. Una di loro racconta cosa vuol dire essere doula.
Figura sempre più ricercata, specie nella Svizzera interna e francese, a breve potrà ricevere una formazione anche in Ticino.
LUGANO - In Ticino esiste da una decina di anni, eppure in pochi la conoscono. La doula - che in Greco significa “colei che serve la donna” -, oggi è una figura assistenziale (non medica e non sanitaria) il cui scopo è quello di accompagnare sia alla nascita che alla morte.
A parlarcene è Sveva Dadò-Glas, doula per Malea Lin Doula Fachschule Schweiz, che da novembre si occuperà di formazione anche nella Svizzera italiana. «Al momento ci sono scuole solo in Svizzera interna e Svizzera francese - spiega -. Le interessate italofone fino ad oggi si dovevano recare nella vicina Penisola».
Di cosa si occupa la doula?
«Accompagna i genitori al parto. È presente nel periodo che precede la nascita, durante - se richiesta -, e anche dopo. Il suo è quindi un accompagnamento all'inizio della vita, ma può esserlo anche al suo concludersi. Quindi un accompagnamento alla morte o a un lutto».
C'è richiesta?
«Sempre di più in realtà. Questo perché, nonostante il livello qualitativo degli ospedali nel nostro Paese sia molto elevato, purtroppo le risorse sono insufficienti. Spesso le levatrici o lo staff medico non hanno abbastanza tempo da dedicare ai pazienti e alle donne che stanno per diventare madri. L'assenza di una figura preparata può avere conseguenze emotive se non addirittura essere causa di traumi. Stiamo cercando di andare a coprire questo vuoto per far sì che far nascere un figlio, o veder morire un proprio caro, sia un’esperienza meno gravosa, soprattutto dal punto di vista emotivo».
In concreto cosa va a fare la doula?
«Il nostro è un accompagnamento emotivo. Nel parto, ad esempio, andiamo a conoscere i genitori, in particolar modo la madre. Instauriamo un rapporto di fiducia e di empatia e, nel momento emotivamente più intenso, siamo in grado di offrire rassicurazione facendo leva sulla forza interiore di chi abbiamo di fronte. Una forza che andiamo a riconoscere e sostenere».
Quali sono i timori e le ansie che una doula si può trovare a dover affrontare?
«Spesso ci sentiamo dire: "non ce la faccio", "ho paura", "ho bisogno d'aiuto". Con la nascita si va incontro all'ignoto, anche se si ha già avuto un altro bambino. Ogni parto, d'altronde, è diverso. Per una donna è uno dei momenti più intensi della propria vita. Lo è anche per un padre, ma la sua è inevitabilmente una partecipazione diversa, priva dell'esperienza fisica. Durante il parto capita che alcune donne si trovino a pensare di essere prossime alla morte. In quel momento hanno paura. Avere qualcuno accanto che è capace di dare conforto è molto importante. Quando realizzano di avere questa grande forza, che si sublima nella creazione di una nuova vita, affrontano ciò che verrà in modo diverso. Per noi doulas è importante questo inizio e il modo in cui le persone si pongono nei confronti della vita stessa».
Gli ospedali permettono questa presenza esterna alla famiglia?
«Sono sempre più preparati ad accoglierci, anche perché vedono quanto facciamo la differenza. Di solito è sufficiente che la coppia annunci che ad assistere ci sarà una doula».
Quanto dura la formazione? Posso accedervi anche uomini?
«Il periodo di formazione ha una durata di un anno e mezzo. Non c'è un riconoscimento federale, ma al termine del percorso viene rilasciato un certificato di presenza. Sono prevalentemente donne ad iscriversi, ma la nostra formazione è anche aperta agli uomini».
La nascita è un momento di gioia, ma voi affrontate anche la morte. Immagino che ci voglia una certa tempra per confrontarsi con momenti così duri
«Fondamentale nella formazione di una doula è andare a capire cosa sono le emozioni che si andranno ad affrontare. La doula deve essere preparata ad accogliere qualsiasi forma di emozione che la persona manifesterà in quei momenti intensi. Senza giudicare, ma offrendo sostegno. Bisogna affrontare un processo personale che scava nel profondo prima di poter essere d'aiuto per gli altri».
Entrando in contatto con il dolore, la doula non rischia di avere a sua volta bisogno di aiuto?
«Nella formazione si impara ad essere prima di tutto doule per sé stesse, poi per gli altri. Se mi accorgo che un'esperienza di questo tipo mi sta coinvolgendo nel profondo provocandomi della sofferenza, potrò andare a cercare un'altra doula per elaborare il quanto. Il fatto di essere una doula non esclude la possibilità di avere il sostegno di una doula».