Un terzo della popolazione studentesca delle scuole superiori soffre di sintomi depressivi gravi.
Lo rivela un sondaggio condotto dal Sindacato indipendente studenti e apprendisti (SISA).
BELLINZONA - Uno su tre. È questo il numero di studenti ticinesi delle scuole post-obbligatorie che soffre di sintomi depressivi gravi o molto gravi. E oltre il 37% confessa di aver avuto, nelle precedenti due settimane e per almeno alcuni giorni, dei pensieri autolesionisti o/e suicidari. Lo rivela uno studio condotto da gennaio a marzo di quest'anno dal Sindacato indipendente studenti e apprendisti (SISA), che lancia un grido d'allarme sullo stato di salute mentale della popolazione studentesca.
Il questionario, al quale hanno risposto 783 studenti ticinesi, «è stato lanciato per quantificare un malessere che purtroppo il Governo continua a ignorare», spiega nell'odierna conferenza stampa Rudi Afonso Alves, studente di sociologia all'Università di Ginevra e coordinatore del SISA. La pandemia, secondo il SISA, non è all'origine di questo allarmante fenomeno, ma, incrementando isolamento e solitudine, ha funto da catalizzatore dei disturbi psichici.
Il futuro che fa paura - A giocare un ruolo fondamentale nella salute mentale degli studenti è proprio la scuola. Il 62,3% degli intervistati, quindi oltre sei studenti su dieci, ha infatti dichiarato di soffrire fortemente o molto fortemente di malessere scolastico, derivante principalmente da pressioni legate al futuro scolastico e accademico, ai docenti, al futuro professionale e ai genitori. E i dati raccolti mostrano una forte correlazione tra malessere scolastico e sintomi depressivi.
«Ci state uccidendo e neanche ve ne accorgete» - A colpire nel segno, oltre alle cifre, sono anche le testimonianze raccolte. Molti studenti sottolineano come si sentano trattati come numeri, chiedono di essere maggiormente seguiti e caricati meno di lavoro. «Vengo da una famiglia praticamente povera», racconta una studentessa della Scuola cantonale di commercio di Bellinzona, «quindi mi sforzo di andare bene a scuola, perché da adulta non voglio soffrire per mancanza di soldi. Però non sono mai stata così in ansia come lo sono da quando ho iniziato la SCC. Vorrei andare dallo psicologo, ma non posso nemmeno perché costa troppo». «La più grande ansia di un allievo è quella di non riuscire», spiega invece uno studente del Liceo di Bellinzona, «ma quando qualcuno sta affrontando problemi di vita più grandi della scuola, come nel mio caso una situazione di lutto, bisognerebbe dare l'occasione allo studente di affrontare in primis questi problemi personali». «Ci state uccidendo e neanche ve ne accorgete», è il messaggio di qualcun altro.
Le ragazze più sincere - La sofferenza psicologica è però anche una questione di classe, emerge dallo studio. Gli strati più sfavoriti della popolazione, a livello socio-economico, sono infatti più di frequente e più gravemente colpiti da sintomi depressivi, da istinti autolesionisti o suicidari e da malessere scolastico. Anche il genere ha un peso: i sintomi depressivi gravi sono più presenti tra chi non si identifica né come uomo né come donna. Le ragazze sembrano poi soffrire di più rispetto ai ragazzi. È però vero, sottolinea il SISA, che la popolazione femminile «dichiara maggiormente il proprio malessere rispetto alla popolazione maschile».
Quali soluzioni? - Che fare, dunque, per dare una mano ai giovani studenti ticinesi? Sono molteplici le soluzioni proposte dal SISA. Tra queste, rinunciare al sistema di valutazione tramite note per sostituirlo con delle valutazioni attraverso colloqui, introdurre corsi di recupero gratuiti, potenziare il servizio medico-psicologico cantonale, introdurre una sessione di recupero estiva per frenare le bocciature, ridurre il numero di allievi per classe e ampliare l'accesso alle borse di studio. Il rapporto dello studio, conclude Rudi Afonso Alves, verrà inviato al Decs, al Dss, al Gran Consiglio e ai docenti delle scuole medie e medie superiori.