Bussano alla porta delle professioniste del sesso per trovare piacere. Una di queste si racconta. Guarnaccia: «Servirebbe una formazione»
LUGANO - Una volta le chiamavano accarezzatrici. Di fatto erano professioniste formate per offrire piacere (ma forse sarebbe più corretto dire sollievo) alle persone portatrici di disabilità tali da non consentire una vita sessuale soddisfacente. Perché, sì, per un’esistenza sana c’è bisogno di amore, a 360 gradi.
Queste figure professionali, almeno in Ticino, per qualche ragione non hanno mai attecchito, tanto che sono andate sparendo. Al loro posto sono subentrate, per forza di cose, le professioniste del sesso. E le “carezze” - come ci racconta Mtrs H. -, sono andate gradualmente trasformandosi in altro. «Ho avuto l’opportunità di offrire prestazioni sessuali ad alcune persone affette da autismo o disabili in carrozzina. Non si tratta solo di carezze, ma di servizi completi a tutti gli effetti», spiega.
Soli o accompagnati - La professionista, attiva in un noto locale del Mendrisiotto, di esperienze con persone affette da disabilità ne annovera diverse: «Un cliente autistico è venuto al locale da solo. Durante la contrattazione mi ha informata della sua disabilità e delle sue necessità. La sessione si è svolta senza particolari difficoltà», racconta. «Un altro, un ragazzo molto giovane anch’esso autistico, è venuto accompagnato dal padre. Questi ha spiegato alla manager la situazione, quindi mi è stata proposta la prestazione, che io ho accettato. Anche qui è andato tutto per il meglio».
Mtrs H. rievoca questi episodi con lucidità analitica. «Un altro cliente si è presentato in carrozzina - prosegue -, era affiancato da un accompagnatore. Non avendo l’uso delle gambe, è stato aiutato a posizionarsi su un comodo divano, dove poi, nella privacy di una camera attrezzata al meglio, una volta solo ha potuto usufruire della prestazione».
Le esperienze si susseguono nel racconto della professionista senza che traspaia mai la minima volgarità. C’è chi, nonostante i limiti fisici, riesce a spostarsi dalla carrozzina al talamo in completa autonomia, chi invece deve essere aiutato anche a togliersi i vestiti. In quasi nessun caso l’handicap costituisce un limite. In una sola circostanza, ci racconta chiedendoci poi di non entrare nei dettagli, Mtrs H. non se l'è sentita di procedere.
Professioniste contattate anche dalle associazioni - È capitato anche che fosse Primis (l’associazione che promuove la salute sessuale e i diritti correlati delle persone che si prostituiscono) a contattarla. «Mi è stata chiesta una prestazione per un ragazzo disabile che si era rivolto a loro per avere “assistenza sessuale”. Ho comunicato con lui via mail, ci siamo accordati sulle condizioni e abbiamo fissato un incontro. Che però non è mai avvenuto per suoi problemi familiari».
Un tema ancora tabù - Per Mtrs H., almeno in Ticino, le questioni sessuali legate alla disabilità sono un tema ancora tabù: «Non tanto perché si tratta di disabili, quanto perché i punti che si sollevano sono “scomodi” da affrontare, sia in famiglia che fuori. Parliamo sempre di atti sessuali con persone vulnerabili e in condizioni di salute spesso non ottimali. Vi sono poi tutti i pregiudizi per l’atto libidinoso fine a sé stesso, pagato magari con i soldi dell’assistenza».
Il risvolto della medaglia: «A volte si innamorano» - La professionista non manca di elencare alcune possibili controindicazioni: «Non dimentichiamoci le implicazioni psicologiche di esperienze emotivamente e fisicamente intense da parte di soggetti con possibili carenze affettive, penso solo al rischio di infatuazione.O anche la possibilità che la persona voglia tirarsi indietro al momento dell’atto fisico, ma non sia in grado di comunicarlo». Insomma, un ventaglio di possibilità che diventano un enorme carico di responsabilità per la professionista che sceglie di offrire i suoi servizi a questa tipologia di clientela.
Aldilà della prestazione in sé come fonte di guadagno, Mtrs H. (non sappiamo se sia un’eccezione la sua), si è presa del tempo per riflettere sulle responsabilità che si hanno verso chi è portatore di handicap. «Credo che sia un errore pensare che senza il sesso la loro vita non possa essere comunque appagante e penso pure che occorrerebbe fare attenzione a mettere queste persone nelle mani di chi è in grado di manipolarli attraverso il piacere sessuale. Credo anche sia importante considerare la possibilità di contrarre malattie, nonostante tutte le accortezze del caso, in un rapporto con donne ad alto rischio».
Un tentativo di formazione in Ticino - Insomma, più che mai ci vogliono precauzioni e consapevolezza, come conferma Vincenza Guarnaccia, responsabile di Primis. «Ritengo certamente utile una formazione per chi vuole proporsi come assistente sessuale», spiega. D’altra parte, «in Ticino questa figura, così come la si intendeva una volta, non c'è - conferma -. Esiste un'associazione ancora operativa a livello nazionale, ma - avendo incontrato diverse difficoltà -, che io sappia non ripropone più la formazione». «Da parte nostra, due anni fa abbiamo provato a fare qualcosa in collaborazione con Atgabbes (l'associazione ticinese di genitori ed amici dei bambini bisognosi di educazione speciale). Abbiamo constatato un'esigenza presente sul territorio, ma anche la difficoltà di mettere in piedi una formazione rivolta agli/alle assistenti sessuali», prosegue Guarnaccia. «Noi avevamo una lista di nominativi di professioniste che si erano già messe a disposizione per lavorare con portatori di handicap. Quello che abbiamo fatto è stato offrire loro un percorso con Atgabbes per apprendere gli strumenti utili per chi intende offrire prestazioni sessuali a persone con una disabilità». «In ogni caso - conclude - quando riceviamo richieste di questo tipo non siamo tanto noi a occuparcene direttamente, quanto Atgabbes. È a loro che le giriamo ed è a loro che invitiamo a rivolgersi».