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CANTONE«La mia paura più grande? Essere una nullità sportiva»

01.10.24 - 06:30
Tra fame di adrenalina e ricerca di semplicità, il sei volte campione del Rally del Ticino, Kevin Gilardoni: «Sogno dieci vittorie assolute»
Kevin Gilardoni
«La mia paura più grande? Essere una nullità sportiva»
Tra fame di adrenalina e ricerca di semplicità, il sei volte campione del Rally del Ticino, Kevin Gilardoni: «Sogno dieci vittorie assolute»

LUGANO - Con il traguardo di domenica, Kevin Gilardoni è entrato nei libri di storia degli eventi motoristici ticinesi. Mai nessuno, prima di lui, era riuscito a portarsi a casa per sei volte il titolo di vincitore assoluto del Rally del Ticino. Gilardoni - assieme all'inseparabile co-pilota, Corrado Bonato -, ha fatto centro correndo su una Citroën C3 WRC Plus, preparata dalla Gino Rally Invest. Auto che gli ha permesso di primeggiare in tutte le 8 prove speciali, dalla più lunga in Valcolla (14,47 km), alla più breve (poco più di 3 km) nella zona di Balerna.  

Ci hai dormito su. Quali sono i postumi?
«La sensazione è strana. Sicuramente il sentirmi dire che ho raggiunto un traguardo storico mi fa effetto. La verità è che non ho ancora realizzato del tutto». 

Del Gilardoni pilota è stato detto tanto. Ma sotto quella tuta chi c’è?
«C’è un ragazzo di trentadue anni, una persona semplice, amante delle cose semplici. E c’è un imprenditore che segue un'azienda che compie quest’anno la prima decade».

Di cosa si occupa l’azienda?
«Di curare tutti gli aspetti legati alla mia figura di sportivo. Sono alla regia del network più grande della Svizzera italiana. Attorno al mio gruppo gravitano centodieci aziende partner che mi sponsorizzano. Ne ho scelta una per settore, in modo da poter garantire un’esclusiva per ciascuno. C’è un idraulico, un elettricista, un’estetista… Sono realtà che, tramite il mio gruppo, lavorano tra di loro attraverso una ventina di eventi all'anno che l'anno scorso gli hanno restituito oltre sedici milioni di fatturato». 

Hai anche del tempo libero?
«In realtà sono anche istruttore di Lamborghini squadra corse. Qui cerco di trasmettere la mia passione, la mia esperienza nel Motorsport, alle nuove leve o comunque agli appassionati».

Tu hai vinto su una Citroën C3. Che ovviamente non è la stessa auto che si vede circolare per strada?
«Si pensi solo che la C3 da rally non è neanche di derivazione stradale. Prende soltanto il nome del marchio, ma sotto quella scocca pulsa il cuore di un cavallo di razza. Può essere considerata la Formula 1 dei rally. Un’auto d'élite». 

Un cavallo di razza va anche mantenuto...
«Ricordo ancora una frase che mi fu detta quando ero bambino. Chiesi cosa ci voleva per affrontare questo mondo. Mi fu risposto che servivano tre cose: “dané, dané, dané”». 

Emozioni forti, denaro e successo… Come si riesce a restare in equilibrio?
«La gente mi vede sulle Lamborghini, in bei posti, mentre reggo delle coppe. Si può pensare che sia uno che se la tira. In realtà la mia dimensione fuori dalle corse è l’opposto di quello che avviene quando sono al volante. Anche per una questione di equilibrio, di compensazione, in quei pochi momenti in cui posso rallentare io amo una bella cena in un grotto, o ritirarmi nella mia casetta in montagna a Soazza. Quando posso mi ricarico tra la natura, isolato dal mondo». 

Però il richiamo dell’adrenalina, quello c’è sempre.
«È ciò che mi ha spinto a farmi strada nel mondo dei motori. Il bisogno della scarica di adrenalina che riesce a restituirmi un’auto da corsa è un qualcosa che ho dentro sin da bambino. Ogni mattina io mi sveglio con l’obiettivo di essere più veloce. Di essere una versione migliore di me». 

Hai già pensato a quando smetterai?
«Certo, quel momento arriverà. Credo che me ne accorgerò. Ho sempre pensato che chi guida debba tenere una velocità che sia uguale o inferiore alla propria velocità mentale. Superarla significa mettere a rischio la propria incolumità. Il giorno in cui la mia velocità mentale non restituirà più le performance necessarie svestirò i panni del pilota. Ma non abbandonerò il mondo delle corse».  

Hai mai avuto paura di farti male?
«La mia paura più grande è quella di essere una nullità sportiva. Per questo non ho mai avuto paura di correre in macchina». 

Il Rally del Ticino negli ultimi anni è diventato anche una questione politica. La tua posizione?
«Sono contento che Max Beltrami, l' ACS Ticino e tutti gli enti preposti stiano riuscendo a tenere viva questa manifestazione. Appartiene alla nostra storia. Ricordiamoci che il Ticino è da sempre terra di grandi piloti. Penso a Clay Regazzoni, Marzio Romano, Roger Krattiger… Perdere il Rally sarebbe privare questo cantone di un evento che unisce. Perché se una corsa in pista spinge l’appassionato a spostarsi per recarsi all’autodromo, qui deve solo scendere per strada. E il calore che gli appassionati ci restituiscono è qualcosa di unico. Il pubblico ticinese in questo senso ha sempre dato tanto, e non posso che ringraziarlo»

Prossimo obiettivo?
«Dieci vittorie assolute. Sono ambizioso? Certo, ma sono fatto così. Da domani bisogna ripartire da zero. È così ogni volta ed è forse questo che mi ha portato dove sono adesso». 

C’è qualcuno a cui vuoi dire grazie?
«Alle persone che mi sono vicine, alla mia famiglia e ai miei partner, certamente. Senza il loro aiuto non sarei arrivato fino a qui. E a Corrado Bonato, il mio navigatore, a cui ho dedicato questa vittoria».

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