Con l'arrivo di una pandemia globale, molte coppie hanno rinunciato ad avere un bambino
Secondo un rapporto realizzato negli Stati Uniti, ci sono state almeno 60'000 nascite mancate a causa del Covid
WASHINGTON - La pandemia ha avuto un forte impatto sulla popolazione di diversi Paesi, in primis poiché ha aumentato la mortalità, ma anche poiché ha indirettamente ridotto la natalità.
Come rilevato da un'analisi del Washington Post, all'inizio della pandemia alcune coppie hanno infatti riconsiderato il fatto di avere un bambino, in attesa di tempi migliori. Le motivazioni? Le difficoltà di essersi ritrovati a casa senza lavoro/in lavoro ridotto, l'avere meno introiti e quindi meno denaro, la paura di un virus sconosciuto e l'incertezza sul futuro prossimo.
La chiave, in generale, è proprio l'incertezza. «L'incertezza non fa bene alla fertilità», ha spiegato il professore ed economista Phillip Levine. «I genitori vogliono sapere che quando mettono al mondo un bambino lo portano in un ambiente sicuro e protetto». Ci si preoccupa poi «per le implicazioni sulla salute, la possibilità di essere esposti al Covid durante la gravidanza, ma anche la capacità del sistema sanitario di gestire la pressione e rispondere ai bisogni».
60'000 nascite mancate a causa del Covid
Levine è anche co-autore di un rapporto dell'organizzazione Brookings Institution, che ha illustrato come siano almeno 60'000 le nascite mancate a causa del Covid tra ottobre 2020 e febbraio 2021, negli Stati Uniti. Il mese più colpito è poi stato gennaio 2021, che corrisponde ai concepimenti nell'aprile del 2020, quando in molti hanno iniziato ad elaborare la grandezza della pandemia. Gli scienziati intendono continuare a monitorare la situazione per misurare gli effetti dell'ondata di Delta e anche quella di Omicron.
Interessanti differenze sono state notate tra i diversi Stati: il calo è stato ad esempio molto più netto in Stati come New York, Massachusetts, New Hampshire e Delaware. Confrontando le caratteristiche legate al Covid, si nota in particolare che questi Stati hanno avuto i maggiori focolai di Covid, oltre che i picchi più alti nei tassi di disoccupazione.
Meno quadri in un museo sempre più vuoto
Levine ha comunque aggiunto che entro febbraio 2021, il tasso di natalità era rimbalzato ai livelli previsti, e a giugno, l'ultimo mese incluso nei dati, c'era persino un picco, che suggeriva che a settembre 2020 la gente si sentiva più ottimista. Sia i contagi che la disoccupazione, d'altronde, erano diminuiti.
Le scoperte dell'indagine non sono comunque inaspettate, in quanto la storia ha sempre mostrato trend simili: diminuzioni delle nascite hanno avuto luogo anche durante la Grande Recessione (dal 2007) e la pandemia di influenza spagnola del 1918.
Ciò che va assolutamente considerato ora, per Levine, è il contesto più grande: ovvero il declino a lungo termine delle nascite in corso da anni negli USA, da ancor prima che il coronavirus colpisse. Il tasso di natalità continua infatti a diminuire, con gli Stati Uniti che hanno ora circa 700'000 nascite annuali in meno all'anno rispetto al 2007. Un trend difficile da contrastare, che implica un invecchiamento della popolazione e che preoccupa diversi Paesi.