La lettera di Bukayo Saka che lancia un appello ai colossi social, chiedendo loro di prendersi le proprie responsabilità.
«Onorato» di essere parte di questa nazionale e «deluso» dal risultato. Il giovane esterno: «Non voglio che nessun bambino o adulto riceva i messaggi di odio che io, Marcus (Rashford) e Jadon (Sancho) abbiamo ricevuto questa settimana». Nel frattempo la polizia ha arrestato cinque persone.
LONDRA - Parla Bukayo Saka. La giovanissima ala dell'Arsenal e dalla nazionale finalista di Euro 2020 guidata da Southgate - presa di mira da "tackle" verbali che di sportivo hanno ben poco, dopo il decisivo errore dal dischetto di domenica - ha rotto dopo qualche giorno il suo personale silenzio, pubblicando una lunga lettera su quelle stesse piattaforme social che alcuni "tifosi" avevano usato per attaccarlo.
«Sono rimasto lontano dai social per qualche giorno per passare un po' di tempo con la mia famiglia e ripensare a queste ultime settimane. Questo messaggio non potrà rendere giustizia a quanto io sia grato per tutto l'amore che ho ricevuto», scrive il ragazzo di Ealing, «onorato» di essere stato parte di quell'Inghilterra che è riuscita a sfiorare l'impresa. La prima finale dei Leoni dopo 55 anni. Una squadra di compagni che saranno «come fratelli per il resto della vita e sono grato di tutto ciò che ho imparato da ognuno di loro».
Dall'amore, per la maglia e i compagni, si passa quindi alla delusione e all'amarezza per quel trionfo sfumato all'ultimo secondo. E anche in questo caso, «non ci sono parole per descrivere quanto sia deluso, dal risultato e dal mio rigore. Ero sicuro che l'avremmo vinta per voi. Sono dispiaciuto che non siamo riusciti a portarvela a casa quest'anno». Quindi la promessa di «dare tutto ciò che abbiamo per fare in modo che questa generazione possa assaporare quello che si prova a vincere».
Giganti social, prendetevi le vostre responsabilità
Dopo aver parlato a cuore aperto ai suoi tifosi, quelli veri, l'esterno della nazionale inglese ha riservato qualche parola anche agli altri. Quelli degli insulti razzisti, delle scimmie e dei murales vandalizzati. Ma non si è rivolto direttamente a loro, quanto a chi ha dato loro voce. Instagram, Twitter, Facebook; tutti e tre taggati nella lettera, come a voler dire "prendetevi le vostre responsabilità. «Non voglio che nessun bambino o adulto riceva i messaggi di odio che io, Marcus e Jadon abbiamo ricevuto questa settimana», scrive il 19enne. Ma è il passaggio successivo a colpire ancora più duramente, quando dice «sapevo fin sa subito che genere di odio avrei ricevuto» e aggiunge: «È una triste realtà che le vostre potenti piattaforme non facciano abbastanza per fermare questi messaggi».
Insulti virtuali, manette reali
Se la cornice è quella di un problema strutturale, che richiede quindi cambiamenti a livello culturale per essere risolto, il singolo caso che vede interessati i tre giocatori della nazionale inglese ha invece già registrato i primi esiti. Le autorità britanniche, che avevano avviato le proprie indagini all'indomani della finale europea, hanno annunciato ieri l'arresto di cinque persone collegate agli insulti razzisti rivolti nel dopo partita ai tre giovani Leoni. E il numero uno della polizia, Mark Roberts - che ha ribadito la natura «totalmente spregevole» dell'accaduto - ha assicurato che le indagini proseguiranno, rivolgendosi ai diretti interessati: «Se scopriremo che sei dietro a questi reati, ti rintracceremo e dovrai affrontare gravi conseguenze per queste tue azioni vergognose».