Michel Petrocchi, Educatore e membro della commissione del personale OSC
Da alcuni mesi assistiamo a prese di posizione attraverso la stampa da parte di diversi attori attivi nel settore delle cure, in particolare dal settore infermieristico. Mi preme evidenziare che non si tratta solo di (giustificate) rivendicazioni settoriali circa le inadeguate condizioni lavorative in cui si trovano gli infermieri, bensì di sollecitazioni rivolte al mondo istituzionale e politico, invitato a creare quelle condizioni attraverso le quali il dispensare cura possa ri-appropriarsi del suo pieno significato. Un mondo politico responsabile che, per quanto attiene alle cure, vogliamo promotore di uno scarto culturale rispetto a quanto fatto finora.
La pandemia Covid, a causa dell’isolamento forzato di chi ne soffre e deve beneficiare di cure d’urgenza, ha posto in risalto l’importanza, per pazienti e cittadini, di beneficiare di una vicinanza umana in termini di riconoscimento della sofferenza, quale esperienza da condividere, che è comune, necessaria e tipica del genere umano. Vicinanza che trova traduzione in empatia, accortezza, delicatezza, supporto emotivo, solidarietà, rispetto dei tempi e delle emozioni, rispetto per la paura della morte, per le ansie provate per chi resta a casa e per sé stessi. Anche e soprattutto questa è cura, ed è inscindibile dall’atto tecnico, che resta sottointeso, al quale spesso viene meramente ridotta da certo efficientismo di stampo manageriale e dall’eccesso di procedure standardizzate, queste spesso accompagnate da un notevole e ingombrante carico di burocrazia.
Curare necessita invece di tempo per la relazione e di un connubio di energia, dedizione, passione per il proprio lavoro, senso del sacrificio, professionalità, efficienza e amore nel senso più ampio del termine. Questo tempo viene sempre più negato ai professionisti in prima linea e non solo nel settore delle cure infermieristiche, bensì anche nel settore sociale e nelle scuole. In altre parole parliamo di riduzione delle risorse, sia istituzionali sia umane, risorse che non sono infinite e che dunque devono trovare un costante rinnovamento e equilibrio senza i quali la cura viene disumanizzata. La cura è “occuparsi” di tutta la persona e del contesto in cui vive, e non solo della malattia o del disagio.
Il rinnovamento passa attraverso l’interrogativo di che cosa sia necessario e vogliamo come società capace di prendersi cura di sé e di tutti quegli aspetti che sono specificatamente attitudini umane, dalla relazione in primis all’atto tecnico poi. Il valore della cura non si può misurare in termini finanziari e chiediamo alla politica di promuovere un settore della salute interamente non-profit. Non vogliamo che la sanità sia equiparata all’industria e al commercio. Non vogliamo che si persegui un guadagno e che si punti costantemente alla riduzione dei costi, in particolare a quelli del personale. Nel settore della salute quest’ultimo viene oggi messo sotto pressione al punto che la durata media della vita professionale di un infermiere si aggira tra i 7-8 anni. Il personale non viene messo in condizione di poter conciliare la cura dei figli con la cura professionale. Per dare cura agli altri occorre avere cura anche di sé stessi, e comprende promuovere ambienti di lavoro sani e che non logorino il personale. Abbiamo bisogno di cura a partire dai settori fondamentali della scuola, del sociale e della sanità, i quali possono promuovere benessere e senso di fiducia, e questa è una responsabilità politica di cui lo Stato deve farsi carico. Chiediamo istituzioni in grado di avere cura di sé, dall’educazione, alla formazione, alla salute, e che quindi vi si investa in modo deciso e continuativo.
Il 29 maggio si terrà una manifestazione di protesta e rivendicazione con lo scopo di sostenere quanto detto finora. Invito dunque tutto il personale al fronte nelle cure, nell’educazione e nella formazione (infermieri, medici, educatori, docenti, assistenti sociali) a parteciparvi. Facciamoci sentire e vedere tutti uniti, per una nuova dimensione della cura e dell’esistenza stessa.