Giorgio Ghiringhelli (primo firmatario dell’iniziativa)
Il 26 settembre si dovrà nuovamente votare sull’iniziativa cantonale del Guastafeste intitolata “le vittime di aggressione non devono pagare i costi di una legittima difesa” che nel febbraio del 2020 era stata bocciata di strettissima misura, con una differenza di 425 voti su oltre 85'000 votanti. La colpa di questa nuova chiamata alle urne è del Consiglio di Stato (CdS), il quale in occasione della prima votazione aveva invitato a votare contro l’iniziativa con argomenti rivelatisi poi fasulli e tendenziosi. Nell’opuscolo informativo che accompagnava il materiale di voto aveva infatti scritto in modo perentorio che l’iniziativa violava il diritto federale e che creava delle disparità di trattamento (lasciando sottintendere che tali disparità fossero lesive dell’uguaglianza giuridica sancita dalla Costituzione).
Queste contestazioni erano però in netto contrasto con la decisione presa in precedenza dal Gran Consiglio, il quale, avvalendosi anche di un dettagliato parere giuridico, aveva approvato (senza neppure un voto contrario!) la ricevibilità dell’iniziativa, attestando in tal modo che la stessa era conforme al diritto federale. L’esatto contrario, insomma, di quanto il CdS aveva cercato di far credere ai cittadini!
Il doppio errore del Governo
Nella mia veste di primo firmatario dell’iniziativa avevo immediatamente protestato contro quella scandalosa disinformazione, invitando il Governo a informare la popolazione tramite un comunicato che le asserite violazioni del diritto federale erano in realtà solo delle illazioni mai comprovate né dal Gran Consiglio né dallo stesso CdS. La risposta fu negativa e così non mi rimase altro che inoltrare un ricorso al Tribunale federale (TF), il quale lo accolse annullando la votazione e dando una sonora bacchettata al CdS, reo di aver pubblicato delle affermazioni “non oggettive e in parte tendenziose” che “hanno influenzato in maniera inammissibile i cittadini”.
Nella sentenza i giudici tennero a sottolineare che se il CdS avesse accolto la richiesta di emettere un comunicato chiarificatore, il ricorso sarebbe stato respinto. Quindi il CdS aveva avuto la possibilità di correggere il suo primo errore e di evitare una nuova e costosa votazione, ma non aveva colto tale opportunità, perseverando così nell’errore.
Né scuse né ammissione di colpa!
Dopo una simile figuraccia ci si sarebbe potuti attendere da parte del Governo un’ammissione di colpa e magari delle scuse ai promotori dell’iniziativa e ai cittadini. E invece no. Nel comunicato inviato alla stampa il 29 aprile scorso per dare notizia della sentenza del TF, il Governo ha cercato di minimizzare le sue gravi responsabilità scrivendo che la votazione era stata annullata a causa di una formulazione “inesatta” del testo contestato. Ridicolo e falso! In realtà nella sentenza si legge che le affermazioni sulla violazione del diritto federale non erano “né oggettive, né complete né accurate”, non erano state accertate da nessuno durante l’iter parlamentare e per giunta “non erano state espresse in maniera interrogativa, dubitativa o quale ipotesi, bensì in modo categorico, assoluto e tassativo”.
Illazioni e dubbi non comprovati
Quest’ultima frase ha suggerito una nuova furbata al CdS, il quale anche nell’ opuscolo informativo distribuito in vista della nuova votazione ha osato ripubblicare le stesse argomentazioni che secondo i giudici non erano state comprovate, ma questa volta aggiungendo punti interrogativi e usando un linguaggio più prudente. Nell’opuscolo si legge infatti che l’iniziativa “pone delle serie perplessità quanto alla parità di trattamento e prevede una soluzione di rimborso delle spese che desta perplessità quanto alla conformità del diritto federale”. Un modo subdolo per spargere dubbi - basati su illazioni non comprovate - sulla validità giuridica dell’iniziativa. E ancora una volta senza tener conto del fatto che il Gran Consiglio aveva approvato la ricevibilità della medesima. Il CdS, dimostrandosi cattivo perdente, non ha dunque imparato la lezione impartitagli dal TF sull’importanza di informare i cittadini in modo corretto su un tema posto in votazione.
Per quanto riguarda le “perplessità” espresse dal Governo, gli interessati potranno trovare delle risposte esaustive consultando i due pareri che il consulente giuridico del Gran Consiglio aveva redatto a favore della ricevibilità dell’iniziativa, e che sono stati pubblicati sul sito www.ilguastafeste.ch in data 12 gennaio 2020.
Una sentenza che dà fastidio…
Come se l’annullamento di una votazione popolare fosse una cosa normale, il CdS ha pure ignorato la richiesta dei promotori dell’iniziativa di pubblicare sul sito dell’Amministrazione cantonale la clamorosa sentenza del TF. Bell’esempio di trasparenza! Spero veramente che, in segno di protesta per la sistematica disinformazione fatta dal CdS su questa iniziativa, i cittadini questa volta voteranno a favore della stessa, premiando quel comitato promotore che si è visto dar ragione dal TF e di cui fanno parte anche Marco Chiesa, Lorenzo Quadri, Fabio Regazzi, Roberta Pantani, Iris Canonica, Moreno Colombo, Mauro Minotti, Edo Pellegrini, Alberto Siccardi, Pietro Vanetti, Valerio De Giovanetti, Battista Ghiggia e il defunto Oviedo Marzorini.