Un contributo di Lucio Negri, presidente gruppo VPOD lavoratori sociali
Questi ultimi due anni sono stati la dimostrazione lampante della necessità di rinforzare il settore pubblico e dei servizi sociosanitari, eppure, puntuale, ecco la proposta targata udc e appoggiata da buona parte della destra cantonale, di mettere un freno alla spesa nel nome del pareggio di bilancio.
Già nell’estate 2020, mentre la pandemia covid stava presentando i primi conti di quella che è stata la peggior emergenza sociosanitaria degli ultimi 70 anni, tra gli operatori sul campo vi era il timore che saremmo stati chiamati alla cassa: siamo stati facili profeti.
Il personale delle Istituzioni sociali guarda con una certa preoccupazione al prossimo 15 maggio, soprattutto in ottica del rinnovo contrattuale, slittato negli ultimi anni proprio a causa della pandemia e che sarà affrontato il prossimo autunno. Un’accettazione da parte del popolo delle misure d’austerità proposte nel decreto Morisoli cambierebbe le carte sul tavolo delle trattative, ovviamente a discapito delle condizioni di lavoro del personale impiegato e, di riflesso, anche della qualità delle prestazioni all’utenza delle Istituzioni sociali.
Se l’ente sussidiante, ovvero il Cantone, dovrà far fronte a dei tagli di spesa, qualsiasi miglioramento sarà nuovamente da dimenticare.
Purtroppo non è levandosi la mascherina che la pandemia ha smesso di lasciare il segno nella società. Ora ci sono da curare gli strascichi di chi ha sofferto gli isolamenti o le ripetute quarantene, le continue chiusure, riaperture, le fragilità di una situazione mai stabile. Sono le fasce più deboli della popolazione, in particolare le fasce giovanili e le persone ai margini dell’economia e della vita sociale, quelle che più richiedono un intervento dello Stato, a dover essere sostenute e protette. Ricordo che mentre le corsie degli ospedali erano piene, gli istituti isolati e le scuole chiuse, lo Stato ha sostenuto finanziariamente il mondo economico privato. Ora è più che mai tempo di tornare a investire nel settore pubblico e sociosanitario, non tagliare.
Nel passato dalle crisi socioeconomiche ne è uscito al meglio chi ha investito nell’intervento dello Stato laddove vi erano mancanze, non chi ha tutelato il denaro e inseguito il pareggio di bilancio.
Che futuro può avere un Cantone impossibilitato a rispondere a un disagio sociale serpeggiante? Il 15 maggio il popolo ticinese dovrà decidere cosa è davvero importante, se tornare a investire sui servizi o rinunciare a quest’ultimi nel nome delle leggi di un mercato che sempre più lascia dietro di sé strascichi di cui sembra nessuno voglia occuparsi.