In giornata il presidente della Federazione spagnola ha deciso di non dimettersi, scatenando un vero e proprio putiferio
MADRID - «Non mi dimetto». Luis Rubiales lo ha ripetuto forte, ben cinque volte. Il presidente della Federcalcio spagnola, dopo giorni di bufera per il bacio alla giocatrice della nazionale senza il suo consenso, ieri aveva fatto trapelare che avrebbe lasciato.
Oggi invece il colpo di scena all'assemblea della Federazione: non solo non ha mollato il suo incarico ma è andato all'attacco, definendosi vittima di «un falso femminismo» e andando allo scontro totale con la stragrande maggioranza della società spagnola, tracimato ormai ben oltre i margini della cronaca sportiva.
Una sfida frontale, valoriale, contro il senso comune di un Paese intero che ha già bocciato la condotta di Rubiales. La reazione del governo è stata netta. L'esecutivo di Sanchez ha annunciato misure immediate: «Rubiales non è stato all'altezza della situazione - ha detto il sottosegretario allo Sport Victor Francos - agli occhi del governo, della società spagnola e delle stesse campionesse. Il governo intende agire. Il suo cammino è finito: lo sospenderemo dalle sue funzioni».
Nei prossimi giorni i tribunali amministrativi esamineranno le tante denunce già depositate e le sentenze sembrano scontate a favore alla sua sospensione. Ma a questo punto sembra che la mossa di questo controverso dirigente sportivo punti a qualcosa di più che a conservare una poltrona. Il governo progressista lo ha colto in pieno, tanto che sempre Francos ha affermato chiaramente che questa vicenda deve diventare "il Me Too del calcio spagnolo".
Tornando al suo intervento incendiario all'attesissima assemblea straordinaria della Federazione, invece di scusarsi Rubiales ha ribaltato il copione. È andato sul palco e ha tirato fuori le unghie, citando una dopo l'altra le ministre di sinistra Irene Montero e Ione Belarra che lo hanno accusato di abusi, minacciando di portarle davanti a un tribunale.
«Vorrei sapere cosa pensano delle loro parole le donne che hanno subito violenza», ha replicato aggressivo. Quindi ha denunciato una sorta di «assassinio sociale» nei suoi confronti, assicurando che intende difendersi «come ogni spagnolo in ogni sede», convinto «di non aver fatto nulla di male».
Le sue uniche scuse sono state rivolte alla famiglia reale, per «essersi toccato le palle in tribuna in un momento di euforia». Quanto al bacio invece ha offerto una versione tutta sua: «E' stato spontaneo, reciproco e consensuale, uguale a quello che avrei potuto dare a mia figlia». E poi è andato oltre, tentando di mettere in difficoltà proprio chi subì quel bacio, Jenni Hermoso. «Lei per prima è venuta vicina a me, le ho detto di dimenticarsi del rigore sbagliato e ci siamo abbracciati. Le ho chiesto un bacetto e lei mi ha detto che andava bene».
Parole che hanno provocato la reazione compatta e indignata di tutta la squadra. Una dopo l'altra - da Alexia Putellas, due volte pallone d'oro, alla centrocampista Aitana - tutte sono insorte a difesa della loro compagna, intimando a Rubiales di farla finita con le bugie. In serata in una nota congiunta hanno minacciato di non scendere mai più in campo «se rimarranno in carica gli attuali dirigenti», un riferimento ovviamente al presidente federale ma anche al Ct Jorge Vilda. Mentre Hermoso ha platealmente smentito la versione del bacio consensuale («in nessun momento ho acconsentito»).
Ma la protesta non riguarda solo loro e sta coinvolgendo tutto il calcio spagnolo. Il capo del settore femminile si è dimesso, tante federazioni regionali hanno preso le distanze, lo stesso hanno fatto diversi club, a partire dal Real Madrid. Borja Iglesias, attaccante del Betis, ha addirittura annunciato che non vestirà più la maglia della Nazionale se non cambieranno le cose.
Persino Iberia, uno degli sponsor più importanti della 'Roja', ha sfiduciato Rubiales: «Quando si verificano situazioni offensive, inappropriate per una società sviluppata, moderna ed egualitaria come quella spagnola - ha fatto sapere la compagnia di bandiera di Madrid -, Iberia sostiene le misure opportune e pertinenti che devono essere prese per preservare i diritti e la dignità degli atleti».