Orlando Urbano - che raggiunse Lugano nello stesso anno di Sabbatini, nel 2012 - si è espresso sul tanto chiacchierato "caso-Sabba".
«È difficile in questo caso dire dove sta la ragione. Il consiglio che voglio dare a Sabbatini - qualora decidesse di andare via - è quello di lasciarsi bene con la piazza e con l'ambiente».
LUGANO - Il caso Sabbatini ha fatto e sta facendo molto discutere. Le società, molto spesso, sono chiamate a prendere delle decisioni complicate, che dividono la piazza e che a volte la fanno perfino arrabbiare. Un po' come accaduto sulle rive del Ceresio, con i tifosi bianconeri che non hanno apprezzato il fatto di non rinnovare il contratto al loro punto di riferimento e al loro capitano. Spesso, però, chi deve fare le scelte, è diviso fra cuore e ragione.
Ne abbiamo parlato con l'ex pilastro della difesa del Lugano Orlando Urbano, oggi attivo nel sindacato dei calciatori, lo stesso che aveva supportato i giocatori del Chiasso nelle settimane successive al fallimento. Uno che di situazioni del genere nel suo lavoro ne gestisce parecchie, cosa si sente dire all'amico Jonathan? «Abitando in Ticino, la situazione l'ho seguita bene. Al di là delle strategie societarie - che vanno sempre rispettate - lo sport fa rima con emozioni. Ogni decisione scaturisce delle emozioni, è normale. È difficile in questo caso dire dove sta la ragione: molto spesso il cuore dice una cosa, la testa ne dice un'altra... Per questo, personalmente non mi sento di esprimermi a favore di qualcuno. So solo che il giorno di un addio arriva per tutti».
Sabbatini ha sul tavolo un'offerta "extra-campo" da parte del Lugano. Lui è diviso fra la volontà di continuare a giocare altrove o accettare la proposta bianconera. Fossi suo fratello maggiore, cosa gli consiglieresti?
«Non è mai evidente per un calciatore capire quando è davvero il momento di dire basta. Molto spesso smettere nello sport è paragonabile a un lutto, perché da un giorno all'altro ti viene a mancare un pezzo importante della tua quotidianità. Personalmente ho sofferto tanto, ma ho cercato di concentrarmi su altro e sulle mie passioni, che sono state indispensabili per superare il momento. Il consiglio che voglio dare a Sabbatini è quello di lasciarsi bene con la piazza e con l'ambiente. Io scrissi una lettera, perché sentivo di condividere con il popolo bianconero quelle che - nel momento di dover salutare il Lugano - erano le mie emozioni».
Cosa "frullerà" nella testa di Sabbatini in questi giorni?
«Un mix di emozioni, ma deve cercare di guardare avanti. Come detto, salutarsi in armonia potrebbe lasciargli diverse porte aperte a Lugano, anche nel caso decidesse di partire».
Da giocatore, quanto spaventa il post-carriera, soprattutto nel momento in cui ti accorgi che stai disputando le ultime partite?
«Sono molto soggettive le sensazioni. Per qualcuno può essere un addio romantico, per altri un addio tragico, mentre per altri ancora può rappresentare una liberazione. Stare sempre sul pezzo per tanti anni non è facile e non è da tutti. Con il mio lavoro aiutiamo i ragazzi ad affrontare queste situazioni e li prepariamo già nel corso della carriera a quello che sarà il dopo. È davvero importante ed è un lavoro che mi riempie di gioia e orgoglio. A volte i ragazzi mi ringraziano e questo molto spesso mi emoziona».
Il Lugano non ha comunque scaricato il suo capitano...
«Esattamente... La società ha fatto un passo verso Sabbatini, bisogna capire quanto collimino le due volontà. È stata una sorta di mossa d'amore quella del FCL. Anche a me Renzetti propose di rimanere in società, ma io all'epoca scelsi - forse sbagliando - di continuare a giocare. Se anche Jonathan vuole continuare a giocare deve farlo: un domani, infatti, non dovrà avere nessun rimpianto quando si guarderà allo specchio. Non credo che abbia bisogno di consigli, in queste settimane l'ho sentito sereno e sono sicuro che prenderà la decisione migliore per lui e per la sua famiglia».
Ciò non toglie che il destino gli ha riservato un finale davvero beffardo...
«Sì, questo è vero. Se avesse chiuso in bellezza, magari segnando il rigore decisivo, mentalmente sarebbe stato più semplice appendere le scarpe al chiodo».
In futuro vedremo altri... Urbano a Lugano?
«Ho due figli che giocano a calcio. Uno era all'Inter e recentemente ha firmato il suo primo contratto da professionista alla Lazio, mentre l'altro gioca a Monza. Sono sempre in viaggio, sono sempre sui campi da calcio e ammetto che non mi dispiacerebbe un giorno vederli difendere la maglia del Lugano nel nuovo stadio di Cornaredo...».