Anja racconta di essere stata violentata nel 2019, e di aver vissuto anni di umiliazione e delusione
BASILEA - «Se potessi scegliere di nuovo, non andrei alla polizia. Non mi è servito a nulla».
Disillusione, amarezza e tanto dolore. La basilese Anja* ha raccontato oggi sulle pagine del Basler Zeitung la sua straziante odissea, che si protrae da una mattina dell'estate del 2019, quando racconta di essere stata violentata e picchiata da un conoscente. E che arriva fino a oggi: quest'uomo è ancora a piede libero.
«La notte del delitto ero a casa di un uomo con cui avevo parlato grazie ad alcune amicizie in comune: abbiamo avuto una serata piacevole e un rapporto sessuale consensuale. Al mattino, però, il suo umore era cambiato, e improvvisamente mi ha aggredito, violentandomi e picchiandomi, nonostante piangessi e lo pregassi di fermarsi». Al termine della violenza, la donna è fuggita dall'appartamento ed è corsa in polizia, dove è iniziato un calvario giuridico infinito.
«Sono andata in polizia perché volevo assicurarmi che quell'uomo non potesse fare a qualcun'altra quello che aveva fatto a me. A quel tempo, pensavo ancora ingenuamente che sarebbe stato messo in custodia cautelare e che avrebbe ricevuto una pena detentiva». Invece, «è rimasto in libertà e ha avuto l'opportunità di minacciarmi e di continuare a presentarsi ovunque mi trovassi. Diverse volte anche davanti al mio appartamento».
«Umiliazione»
In tutto ciò, l'umiliazione è arrivata anche dalle stesse autorità a cui Anja chiedeva giustizia. «L'interrogatorio al Ministero pubblico è stato molto stressante, mi ha fatto domande intime e umilianti, con quanti uomini faccio sesso, cosa mi piace e come raggiungo l'orgasmo. Non capisco il senso di queste domande, che suonano molto come una sorta di colpevolizzazione delle vittime. Se vi rubano la borsa, nessuno vi chiede quante altre borse possedete e quali vi piacciono particolarmente...».
Dopo un anno e mezzo ha poi avuto luogo il processo di primo grado, dove la basilese ha di nuovo dovuto raccontare tutto, per la terza volta. «Questa volta hanno persino permesso all'imputato di guardarmi da una stanza laterale, il che è stato terribile. Mi sentivo alla sua mercé», ha ricordato Anja, spiegando che «anche la difesa ha fatto di tutto per farmi passare da sgualdrina e bugiarda, temevo che il giudice non mi avrebbe creduto».
Invece, il Tribunale penale di Basilea ha condannato l'uomo a due anni e quattro mesi con condizionale. Questione chiusa? Niente affatto. La difesa ha fatto ricorso, e sono ormai passati più di tre anni da quando il crimine è stato commesso. Il processo d'appello, che avrebbe dovuto aver luogo a settembre, è stato rinviato per «problemi di salute dell'imputato». Un duro colpo per Anja, che si era preparata a lungo, anche con la psicoterapia, a questo giorno. «Una conclusione, per me, non era più in vista. Stavo per ricominciare gli studi, ma questo non accadrà più». Il processo si terrà a febbraio, ma Anja non intende andarci.
«Molto deve cambiare»
La basilese ha deciso di raccontare la sua storia per un motivo in particolare: «Nella nostra società devono cambiare molte cose nel modo in cui affrontiamo i reati sessuali. Vorrei che le vittime di violenza sessuale non debbano più giustificare il loro comportamento prima, durante e dopo il reato. Che non vengano più interrogate in modo da renderle complici, e vorrei che gli autori non possano semplicemente andare avanti con la loro vita, dopo aver commesso un crimine del genere».
*Nome di fantasia