Sascha Campi è stato dietro alle sbarre assieme al 24enne. E punta il dito contro il penitenziario e il suo modo di gestire gli ospiti
ZURIGO - Le sorti del famigerato "Carlos" - il 24enne finito alla sbarra con ben 19 capi d'accusa e noto per la sua aggressività -, saranno rese note nella giornata odierna. È oggi, infatti, che il tribunale di Dielsdorf pronuncerà la sentenza. Il giovane deve rispondere di 29 reati che avrebbe commesso dietro alle sbarre.
Uno degli incidenti più gravi ha avuto luogo nel penitenziario Pöschwies di Regensdorf, dove un impiegato della prigione sarebbe stato pestato dal 24enne.
Secondo Sascha Campi*, che in quel periodo si trovava nella stessa struttura carceraria, non tutto è stato portato alla luce. «Chiaramente, non vi è alcuna giustificazione per la violenza fisica e condanno gli attacchi di Brian (il vero nome di Carlos) verso il personale della prigione. Ma trovo molto strano che il vero innesco e l'intera storia non siano mai stati menzionati. Perché tutto è andato storto nel carcere?».
Secondo Campi, prima dell'aggressione del 24enne ai danni del secondino, un altro sorvegliante del carcere (che lavorava nello stesso luogo dove si trovava Brian), è stato licenziato. Il motivo? Avrebbe rivelato al 24enne informazioni riservate sui crimini compiuti da un pedofilo anche lui prigioniero nella stessa struttura.
«Brian non è un innocente, ma è stato incitato all'aggressione». Questo incidente è stato in definitiva il motivo del suo trasferimento.
Contattato da 20 Minuten, il portavoce del carcere non si sbottona: «Sfortunatamente, a causa del segreto istruttorio e del diritto alla protezione della privacy, non possiamo fornire informazioni riservate». Certo è che i dipendenti di una prigione sono tenuti al segreto e i detenuti non dovrebbero essere informati su ciò che non li coinvolge direttamente.
Campi sottolinea che disapprova il comportamento violento di Brian, ma anche la gestione del penitenziario. «Rispetto agli altri compagni di cella, Carlos non si è mai fatto notare per il mostro che viene dipinto».
«Condizioni disumane» - «Brian è sempre stato considerato come un brutto caso che deve essere trattato in modo diverso», afferma Campi. Anche il difensore del giovane sostiene la stessa tesi. Tanto che ha parlato di «condizioni disumane di detenzione». «Quando si arriva alla massima durezza, si passa alla resistenza. Ci si sforza di non spezzarsi. In libertà, si avrebbe un altro Brian», sostiene il legale.
Il procuratore la pensa diversamente. «Non c'è altra via d'uscita se non l'isolamento. Anche dietro le mura della prigione, sono necessari grandi sforzi per garantire che gli altri non siano in pericolo», sostiene.
* Sascha Campi è un ex detenuto della prigione Pöschwies. Dopo il suo rilascio, ha iniziato a pubblicare libri e scrivere articoli per il giornale "Fritig".