L'idea proviene da Sonia Seneviratne, professoressa all'ETH e membro del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici.
BERNA - Creare una terza camera parlamentare federale - oltre al Consiglio Nazionale e al Consiglio degli Stati - per favorire la causa del cambiamento climatico: è l'idea della scienziata Sonia Seneviratne, professoressa al politecnico federale di Zurigo (ETH) e membro dell'IPCC, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici.
«Siamo in una situazione di crisi», argomenta la ricercatrice in un'intervista a La Liberté e alle testate romande a essa collegate. «Alla base dell'iniziativa c'è l'ammissione di un fallimento: perché non possiamo avanzare più rapidamente in politica, perché non riusciamo a trovare soluzioni che possano essere sostenute dalla maggioranza della popolazione?».
Secondo Seneviratne vi sono due ostacoli principali. «In primo luogo, l'orizzonte temporale su cui si concentrano i politici: rieletti ogni quattro anni, tendono a privilegiare le decisioni che hanno un impatto rapido. Nel caso del riscaldamento globale, abbiamo a che fare con un problema a lungo termine che richiederà sforzi - per cambiare le nostre abitudini - che non saranno necessariamente popolari, ma sono necessari per evitare una situazione sempre più catastrofica. L'impatto delle decisioni di questo parlamento si farà sentire tra 20 anni».
Il secondo problema è che i parlamentari si allineano alle posizioni del loro partito e la polarizzazione è aumentata negli ultimi anni. «Sembra essere diventato difficile scendere a compromessi per il bene comune», osserva la professoressa in dinamica del clima terrestre all'ETH.
Ecco quindi emergere l'idea di un terza camera, proposta da Seneviratne e da altre personalità della Svizzera tedesca in un libro ("Wit einem Zukunftsrat gegen die Klimakrise. Warum die Schweiz eine dritte Parlamentskammer braucht"). «Questo nuovo organismo si concentrerebbe su questioni di lungo periodo. Sarebbe composto da persone estratte a sorte, in modo da essere rappresentative della popolazione. Questa camera avrebbe il diritto di porre il veto sulle decisioni parlamentari soggette a referendum. L'Assemblea federale potrebbe tuttavia revocare tale veto con una maggioranza qualificata».
La terza camera avrebbe inoltre la facoltà di avanzare proposte. «Poiché i suggerimenti verrebbero elaborati da un organismo non polarizzato su linee di partito, potrebbero portare a discussioni più costruttive e a soluzioni più vicine alle richieste della popolazione», si dice convinta la 49enne.
«Recenti sondaggi mostrano che la principale preoccupazione dell'opinione pubblica è la crisi climatica», insiste l'esperta che ha partecipato all'estensione di diversi rapporti internazionali. «Detto questo, non possiamo sapere in anticipo quali decisioni prenderebbe un tale consiglio. Data la sua composizione rappresentativa, sono però certa che i suoi suggerimenti porterebbero maggiori compromessi», aggiunge l'intervistata.
«La domanda è se sia possibile considerare i nostri interessi non solo a breve termine, ma anche sul lungo periodo. I redattori della Costituzione del 1848 avevano anche una visione per il futuro della Svizzera: forse è il momento di ripensare la nostra visione», sostiene la docente con studi all'università di Losanna, all'ETH e al Massachusetts Institute of Technology (MIT). «Passiamo da una crisi all'altra, come per esempio il Covid-19, Credit Suisse e così via. Spesso ci troviamo di fronte a crisi che richiederebbero di saper anticipare».
«La Svizzera ha una storia di innovazione, ad esempio in campo ferroviario. Le prime generazioni di svizzeri non hanno avuto paura di intraprendere percorsi innovativi e pionieristici. Oggi, invece, tendiamo a riposare sugli allori. Se vogliamo essere fedeli alla storia della Confederazione dobbiamo continuare a essere pionieri anche nel quadro istituzionale», conclude Seneviratne.