Il contenzioso tra lo Stato e una ditta di onoranze funebri sull'uso di logo e stemma ufficiali. Per i privati il marchio è stato depositato correttamente, ma...
LUGANO - Per colpire colpisce. Tra le recenti polemiche sulla paternità dei loghi, ce n’è una che si trascina da tempo e riguarda il marchio scelto dall’agenzia di onoranze funebri “TI Centro funerario” di Bellinzona (con succursale a Lugano, vedi foto). Un marchio che trasmette a chi guarda un non so che di “ufficiale”. Merito del segno “TI” che ricalca quello della Repubblica e Cantone del Ticino e del sigillo (lo stemma) che appare nella versione nota e poi capovolta. A guisa di lapide scudata.
Fatto sta che a Bellinzona non l'hanno presa bene e sono ben lungi dal volerci mettere una “pietra sopra”. Anzi, come appurato da Tio/20minuti, sull’utilizzo di logo e sigillo ufficiali è da tempo aperto un contenzioso giuridico tra il Cantone e il TI Centro funerario.E proprio la nuova "Legge federale sulla protezione dello stemma della Svizzera e di altri segni pubblici" viene invocata per risolvere la tenzone. In particolare l’articolo 8, che stabilisce come tali stemmi e segni “possono essere usati soltanto dall’ente pubblico a cui si riferiscono”. Non possono quindi essere usati da terzi, salvo autorizzazioni (che non vengono mai concesse dal Cantone, salvo patrocini di manifestazioni, eventi o pubblicazioni, ma assolutamente non per attività commerciali). A Bellinzona sono granitici sul rifiuto di far concessioni. Anche perché, dicono, l'ambito appare ulteriormente delicato, visto che il logo potrebbe suggerire a qualche cliente della ditta un coinvolgimento diretto del Cantone del servizio funerario. Insomma, è una questione anche di buon gusto.
Di tutt’altro avviso è Stefano Rozner, titolare dell’agenzia funeraria, che replica colpo su colpo. «È una discussione aperta da nove anni - ricorda-. Nove anni fa, appunto, abbiamo depositato all’Istituto federale della proprietà intellettuale questo marchio svizzero. Criticarne l’uso può essere legittimo, ma l’Ipi lo ha esaminato e dopo dopo 4 mesi di analisi è stato depositato. Da quel momento dire che noi abbiamo compiuto un illecito non mi pare corretto. Altrimenti ci sarebbe una prima mondiale, in cui uno deposita un marchio per non utilizzarlo».
Per il Cantone il contenzioso è aperto, per Rozner conta che «l’opposizione del Consiglio di Stato è stata respinta dall’Ipi. Poi sono andati avanti per altre vie legali». Per Rozner è legittimo parlarne, ma «bisognerebbe trattenersi dal defininirlo atto illecito o illegale, perché altrimenti si sconfina dallo stato di diritto». Il Ticino, conclude Rozner con filosofia, «è il territorio dei punti di vista diversi. Prendiamo la Lia (l’albo degli artigiani, ndr) secondo voi è legale o illegale?». Di sicuro c'è chi vuole farle il funerale.
Quando Bruno Monguzzi ridisegnò il Ticino
Nel 1991, quando Bruno Monguzzi concepisce la nuova identità visiva per l’Amministrazione cantonale l'acronimo “ti”, affiancato dallo scudo, già esisteva. «Essendo - spiega a Tio/20Minuti il famoso designer svizzero - radicato nella memoria collettiva locale, proprio grazie al forte taglio obliquo nella lettera “t”, la più spiccata peculiarità del carattere Gill, avevo proposto il Gill Sans come carattere istituzionale. Siccome l’acronimo soffriva nel rimpicciolimento (il puntino della i risultava appiccicato alla barra), lo avevo ridisegnato conservandone le caratteristiche fondamentali». Ma l'intervento di Monguzzi riguardò anche lo stemma: «Avevo anche ridisegnato lo scudo omettendo la cornice, per renderlo più essenziale». Una spiegazione più ampia si trova anche nel libro, Bruno Monguzzi, La mosca e la ragnatela, Edizioni Casagrande, Bellinzona, 2016.