Il Laboratorio cantonale ha analizzato diversi "prodotti" della terra alla ricerca di radioattività e metalli pesanti
La raccomandazione: «Il consumo di carne di selvaggina abbattuta con proiettili va evitato in particolare per bambini, donne incinte, in fase di allattamento o che desiderano una gravidanza»
BELLINZONA - Chernobyl, quarant’anni dopo, una radioattività residua è ancora presente nei funghi selvatici che crescono nei boschi ticinesi. Ma il Laboratorio cantonale, comunicando i risultati di una campagna di analisi estesa anche a selvaggina, terra-erba-latte, rassicura «la contaminazione radioattiva nei funghi commestibili selvatici ticinesi è contenuta e la rilevanza dosimetrica della contaminazione di scarsa importanza».
Il "castagnino" osservato speciale - Sono stati 31 i campioni di funghi, appartenenti a quattro specie commestibili, raccolti sul territorio ticinese da membri dell’Associazione svizzera dei controllori di funghi Vapko. Il Cesio-137 è presente in tutti i funghi analizzati e in 2 campioni, appartenenti alla specie Xerocomus badius (il boleto dei castagni, i cui tuboli virano al blu, una volta sfiorati), supera il valore massimo per questo radionuclide artificiale.
Selvatici sotto la lente - Il Laboratorio è andato anche alla ricerca di radioattività nella selvaggina. Ventuno campioni di carne cruda e prodotti derivati di cervo, capriolo, camoscio e cinghiale sono stati prelevati da macellerie, dalla vendita al dettaglio e da esercizi di ristorazione distribuiti sull’intero territorio cantonale. Sette di questi provenivano da ungulati catturati in Ticino durante la stagione venatoria 2021, i rimanenti 15 sono d’importazione dall’estero.
Risultati tranquillizzanti - Parte della cacciagione esaminata ha evidenziato tracce di cesio-137 per una contaminazione media complessiva molto contenuta di 18 Bq/kg e in nessun un caso è stato superato il valore massimo di 600 Bq/kg. «Da un punto di vista radiologico la rilevanza dosimetrica della contaminazione da questo radionuclide dovuta al consumo di selvaggina come quella analizzata è di scarsa importanza» rassicurano gli specialisti.
Coi piedi di piombo - Più che alla radioattività i consumatori dovrebbero prestare attenzione alle tracce di metalli pesanti. In particolare per quei capi abbattuti con munizioni di piombo, che nell'impatto si deformano o si scheggiano, lasciando nella carne dei minuscoli frammenti. L’analisi rivela che sei campioni di selvaggina presentavano livelli di piombo superiori a 0.1 mg/kg, mentre solo un campione superava 1 mg/kg con un valore massimo di 1.6 mg/kg in una carne di cinghiale destinata alla produzione di salumeria. A tale proposito, sulla base delle indicazioni federali, il Laboratorio ricorda che «il consumo di carne di selvaggina abbattuta con tali proiettili va evitato in particolare per bambini, donne incinte, in fase di allattamento o che desiderano una gravidanza».
Il latte non preoccupa - Ultimo ambito misurato, quello dei radionuclidi ancora presenti nel terreno, nell’erba e nel latte. Gli isotopi più persistenti, in particolare il cesio-137 (Cesio-137, che ha un tempo di dimezzamento di circa 30 anni) e lo stronzio-90 (Sr-90, t1/2: circa 29 anni), sono ancora misurabili in tracce e possono contaminare l’ambiente e le derrate alimentari. L’analisi dei campioni raccolti a inizio giugno presso tre aziende agricoli ticinesi, mostra residui leggermente superiori alla media svizzera. «Fortunatamente i livelli osservati non destano preoccupazioni di ordine sanitario» rassicura il Laboratorio cantonale.