L'inchiesta sull'abbattimento di un'ala dell'ex Macello volge al termine. La presa di posizione dei molinari
LUGANO - L’imminente conclusione, con un decreto d’abbandono, dell'indagine sull’abbattimento dell’ex Macello «non ci interessa troppo». È uno dei passaggi di un torrenziale comunicato con cui il SOA il Molino (la “C” di centro è caduta sotto le ruspe nella notte tra il 29 e 30 maggio scorso) prende posizione. Un testo in cui i molinari ribadiscono che «l’autogestione non si arresta e non arretra. Che non si vende, che non si controlla. E che con questi maldestri faccendieri dell’odio non ha nessuna intenzione di dialogare».
«Si penta piuttosto la Vanoni» - Nessun segnale d’apertura al dialogo con il Municipio e nessuna disponibilità al pentimento per l’occupazione lampo dell’ex istituto Vanoni, all’origine - secondo la vulgata - dello sgombero e demolizione della casa dei molinari. Per questi fatti è aperto un secondo filone d’indagine per violazione di domicilio su denuncia della stessa Fondazione. «Non c’è proprio nessun motivo per un “pentimento” - scrive il SOA -. Che la Fondazione se ne faccia quello che più le aggrada delle denunce. Per noi liberare uno spazio di contenzione è un dovere minimo». Piuttosto, che la Vanoni «ritiri la sua partecipazione al previsto centro chiuso per minorenni definiti problematici, quello sì un vero e proprio luogo di turbamento carcerario».
«Perché Valenzano non risponde?» - Nel merito della demolizione dell’ala dell’ex Macello i molinari, nel loro scritto, denunciano «la contraddizione tra quella che si vorrebbe la facciata democratica dello stato e il ricorso alla forza e ai metodi militari». Ce n’è, dal loro punto di vista, per tutti i protagonisti della vicenda innescata dall’operazione “Papi” (il nome in codice dato allo sgombero). Dal Procuratore generale Andrea Pagani - definito “senza mordente” e “all’acqua di rose” - ai politici interrogati, come la municipale Karin Valenzano Rossi, «se non hai niente da nascondere perché non rispondi? Chi stai coprendo?».
La scelta di non interrogare i vertici- Ma più «preoccupante», sempre secondo gli autogestiti, «è la scelta la scelta di non interrogare i massimi vertici della polizia cantonale e comunale (Cocchi e Torrente) e il loro responsabile» Norman Gobbi, che «solo solo alcune settimane prima dello sgombero asseriva tranquillamente che fosse per lui, da leghista, quel posto lo avrebbe sbaraccato già da tempo, in quanto persona non a conoscenza dei fatti».