L'ex magistrato ticinese Dick Marty ha presentato ieri sera al Lac, in una hall gremita, il suo ultimo libro "Verità irriverenti".
LUGANO - «Un libro nato da una reazione a un evento emotivo sconvolgente». Un'esperienza che richiede una pausa necessaria per metabolizzare e riflettere. La scrittura diventa allora terapeutica. L’ultimo libro di Dick Marty “Verità irriverenti. Riflessioni di un magistrato sotto scorta” (Edizioni Casagrande 2023), presentato ieri al Lac in una hall gremita, risponde a un bisogno preciso dello stesso autore: fare ordine in un mondo che non concede spazio, né tempo, a quell’«ozio creativo» essenziale per analizzare il presente. «Perché in politica si corre sempre da un appuntamento all'altro» senza la possibilità di ragionare su un equilibrio internazionale andato ormai in frantumi. Un'esigenza dettata anche da una fine che l'ex senatore sente prossima.
Istituzioni, democrazia e neutralità - L’ex magistrato ticinese ripercorre nel libro le sue vicissitudini personali per riflettere sulla lentezza delle istituzioni svizzere («che non riescono ad anticipare le crisi»), sulla democrazia (che «ha perso terreno e credibilità un po' ovunque») e sulla neutralità elvetica. Perché «chi ha vissuto determinate esperienze ha il dovere di testimoniare».
Un vissuto scandito da una serie di telefonate che hanno fatto da spartiacque nella vita dell’ex consigliere agli Stati. Il 18 dicembre 2020 squilla il telefono. È il comandante della Polizia cantonale ticinese: «La sua vita è in pericolo». Bersaglio di una criminalità legata ai servizi segreti serbi, dopo le indagini condotte su un presunto traffico d’organi in Kosovo per conto dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, iniziano così 16 mesi sotto scorta. «Non potevo fare un passo da solo».
Una non inchiesta - Ma non è stato il dispiegamento di polizia, che ha garantito la sua sicurezza, a scoraggiare Marty. «Quello che mi ha logorato è stata l’inchiesta». O meglio, la non inchiesta. «Non c’era la volontà di indagare. La prima volta che gli agenti federali si sono recati in Serbia è stato ad aprile del 2022». Un’inchiesta negata, forse «per non accendere ulteriormente il conflitto tra Serbia e Kosovo», di cui le mezze verità che ha raccolto non hanno permesso mai di ottenere una risposta chiara.
Così l'esperienza sconvolgente di Marty si trasforma nell’occasione per riflettere sulle crepe delle istituzioni svizzere, «troppo legate agli interessi economici». In un mondo sempre più interconnesso che cambia a una velocità folle, la Svizzera deve ergersi a faro nella difesa dei diritti umani. La voce di Berna un grido «anche se rimaniamo soli». Insomma una missione che ridarebbe slancio alla tanto discussa neutralità. «Sono rimasto scioccato che il discorso, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, si è limitato sul tema se fornire o non fornire armi a Kiev. Quando la vera necessità era la pace». Secondo l’ex magistrato Berna deve prendere posizione nella difesa dei civili e soprattutto cercare una mediazione nei conflitti.
Ne valeva la pena? - Una situazione che si ritrova analoga nel contesto mediorientale. «Quello che è successo il 7 di ottobre è un crimine aberrante che deve essere punito». Non si discute la condanna ferma e decisa delle aberrazioni commesse da parte di Hamas. Ma è anche vero che «la vita di un bambino israeliano vale quanto la vita di un bambino palestinese».
Un viaggio che intreccia quindi emozioni e paure, deciso nel trovare una risposta a una domanda: dopo tutta questa fatica, malgrado le ingiustizie, ne valeva davvero la pena? Un interrogativo su cui Marty non ha mai avuto dubbi.