L'errore annunciato oggi dalla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider sotto la lente del professore dell'Usi Fabrizio Mazzonna.
LUGANO - L’Avs sta meglio del previsto. E già questa è una notizia. Ma se si aggiunge che il cambio di prospettive è dovuto a un calcolo errato nelle proiezioni finanziarie effettuato dall'Ufficio federale delle assicurazioni (Ufas), ecco che la sorpresa è doppia. Il “mea culpa” è avvenuto oggi durante una conferenza stampa organizzata dalla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, capo del Dipartimento federale dell'interno (Dfi), che, per far luce su quanto successo, ha annunciato anche l’apertura di un’inchiesta amministrativa.
Ma vediamo nel dettaglio cosa è successo. Sul banco degli imputati in particolare sono finite due formule matematiche che sul lungo periodo hanno determinato «valori non plausibili per le uscite dell’assicurazione», ha spiegato Baume-Schneider. Un errore che avrebbe creato uno scarto per eccesso delle uscite dell’Avs per gli anni fino al 2033 che, stando alle prime stime provvisorie, ammonterebbe a circa quattro miliardi di franchi.
L’annuncio dello scivolone dell’Ufas alimenta però l’incertezza in un settore già in crisi. Abbiamo deciso di fare il punto con Fabrizio Mazzonna, professore della Facoltà di Scienze Economiche dell'Università della Svizzera Italiana, per capire quali sono i possibili scenari futuri.
«Prima di tutto, bisogna sottolineare che da un punto di vista politico l'errore non è così grave perché il referendum sulla 13esima Avs è stato accettato dalla popolazione durante la votazione dello scorso 3 di marzo. L'errore, tuttavia, persiste ed è piuttosto grossolano. Ma come detto, avrebbe potuto essere peggio. Sono cose che non dovrebbero accadere, ma non ho dubbi che sia stato fatto in buona fede».
L'errore di calcolo nelle prospettive finanziarie cambia qualcosa per il futuro dell'Avs?
«La notizia è indubbiamente positiva. Ciò significa che per finanziare la 13esima Avs ci vorranno meno risorse. Quindi significa meno tasse e forse l'aumento dell'Iva non sarà necessario. Il problema relativo al finanziamento delle pensioni però persiste. È meno grave rispetto a quanto stimato inizialmente, ma la popolazione continua a invecchiare. Bisogna decidere se aumentare il finanziamento per l'Avs, ridurre il contributo o gli incentivi fiscali su altri pilastri. Questo è il nocciolo della questione».
Il problema è quindi solo rimandato?
«Nel lungo termine, il quadro potrebbe migliorare un po'. Una volta che tutta la "baby boom generation" andrà in pensione, la situazione si stabilizzerà. Ma la problematica non cambia. I giovani entrano nel mercato del lavoro più tardi a causa degli studi. La nostra aspettativa di vita è più lunga. Non è sostenibile pensare di lavorare per trenta o trentacinque anni e poi godersi la pensione per quasi lo stesso periodo. La coperta è sempre corta su questo argomento, però è la politica che deve decidere».
Le nuove previsioni rallentano le future riforme di innalzamento dell'età pensionabile?
«Probabilmente ora si aprirà un dibattito. Personalmente, ritengo che si dovrebbe aumentare l'età pensionabile, introducendo una certa forma di flessibilità. Questi quattro miliardi danno un po' di respiro per qualche anno, ma il problema viene solo rimandato».
La Svizzera come si comporta rispetto agli altri paesi?
«La Svizzera ha iniziato negli anni '90 con un grande vantaggio. Aveva sviluppato un sistema pensionistico molto più stabile rispetto agli altri Paesi. Ma negli ultimi vent'anni, abbiamo perso questo vantaggio. Gli altri hanno attuato riforme, mentre noi non abbiamo fatto quasi nulla perché tutte le proposte sono state respinte dall'elettorato».