Nel teatro di guerra siriano, dopo i raid israeliani, è la volta di quelli americani sulle postazioni dello Stato islamico
DAMASCO - Dopo i caccia israeliani «che avrebbero colpito presunti siti di armi chimiche» (come ha precisato il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar) e l'entrata delle truppe di Netanyhau in territorio siriano posizionate adesso sul Monte Hermon, sui cieli della Siria sono comparsi anche i cacciabombardieri americani, entrati in azione per colpire con decine di attacchi le postazioni militari delle milizie terroristiche dello Stato Islamico (Isis) presenti nel Paese.
«Gli attacchi contro i leader, i combattenti e gli accampamenti dell'IS nel centro del Paese fanno parte di una missione in corso per indebolire e sconfiggere l'Isis», ha annunciato il Comando centrale degli Stati Uniti, il comando regionale delle forze armate statunitensi, su X.
L'obiettivo - ha dichiarato - è impedire al gruppo terroristico di condurre operazioni e garantire che l'IS non approfitti della situazione attuale per riorganizzarsi nella Siria centrale».
Più di 75 sono stati gli obiettivi colpiti da una squadriglia aerea composta tra gli altri di B-52, F-15 e A-10 che hanno sganciato missili e bombe su depositi di armi e cellule terroristiche presenti nei centri di addestramento dell'Isis.
Secondo il Ministero della Difesa, gli Stati Uniti hanno ancora circa 900 soldati di stanza in Siria. Dalla dichiarazione non è chiaro da dove siano partiti gli attacchi aerei. Gli effetti sono ora in fase di studio e non ci sono prove di vittime civili, si legge nel comunicato.
«Non ci sono dubbi: non permetteremo all'IS di riorganizzarsi e di approfittare dell'attuale situazione in Siria», ha dichiarato il generale Michael Erik Kurilla. Aggiungendo anche, in una dichiarazione resa a Fox News, che «tutte le organizzazioni in Siria devono sapere che le riterremo responsabili se collaborano o sostengono l'Isis in qualsiasi modo».
In Siria, i ribelli hanno conquistato domenica la capitale Damasco dopo oltre 13 anni di guerra civile. Il presidente Bashar al-Assad è fuggito in Russia su richiesta esplicita di Vladimir Putin, come precisato dallo stesso Cremlino. Non è chiaro come si svilupperà ora l'equilibrio di potere nel Paese. Ma il suo territorio è un teatro di guerra sempre aperto, con focolai di scontri armati pronti a riaccendersi in ogni momento. E fra i gruppi più temuti che gli Stati Uniti e Israele tengono d'occhio figura in primis quello dello Stato islamico, presente con armi e uomini in Siria.