«Ho sempre agito in buona fede» ha dichiarato il presidente della direzione del colosso bancario
ZURIGO - Il presidente della direzione di UBS Ralph Hamers è convinto che l'indagine in corso nei Paesi Bassi per riciclaggio si chiuderà in modo a lui favorevole e che il caso non intralcerà la sua attività presso la grande banca elvetica.
Prendendo per la prima volta posizione sui nuovi sviluppi della vicenda che interessano il suo operato presso il precedente datore di lavoro, l'istituto di credito olandese ING, il dirigente ha respinto ogni addebito. «Ho sempre agito in buona fede alla ING: pertanto ho piena fiducia che il procedimento si concluderà bene», ha affermato oggi ai microfoni di radio SRF.
Il 54enne ha detto che quando saranno avviati gli accertamenti coopererà pienamente con le autorità, proprio come è stato fatto all'epoca nel corso dell'inchiesta su ING. Il successore di Sergio Ermotti sostiene inoltre che la vicenda non lo distrae da quello che è il suo compito, cioè dirigere UBS. «State tranquilli, sono completamente concentrato sul mio lavoro come capo di UBS», ha affermato, aggiungendo di essere impegnato al 120% con il suo team per il futuro della banca.
Nel 2018 il colosso bancario ING si era visto costretto a pagare 775 milioni di euro per lacune in materia di lotta al riciclaggio. Gli inquirenti avevano accusato l'istituto di non essersi accorto del passaggio di denaro sporco sui conti dei suoi clienti e di altri reati che avvenivano attraverso gli stessi canali.
La sanzione, la più elevata mai pagata in Olanda in dossier di questo tipo, era stata frutto di un accordo con la procura: i dirigenti non erano stati peraltro toccati, come in genere accade in questi casi, non solo in Olanda. L'accordo è stato però impugnato da Pieter Lakeman, un 79enne difensore dei piccoli azionisti nei Paesi Bassi, noto per le sue battaglie contro i malcostumi nella finanza. Nel dicembre scorso una corte d'appello ha dato ragione al ricorrente: Hamers non aveva preso provvedimenti contro la condotta criminale della banca, hanno stabilito i giudici nella loro sentenza.
Ora la procura olandese deve indagare su Hamers e Lakeman sostiene che al 99% si giungerà a un rinvio a giudizio. La vicenda è stata al centro di numerosi commenti sulla stampa economica nelle scorse settimane, per le sue ripercussioni su UBS: in un momento storico in cui gli investitori sono sempre più attenti ai principi del buon governo d'impresa ci si chiede se il Ceo potrà rimanere al suo posto, nel caso in cui dovesse finire alla sbarra in Olanda. Difficoltà potrebbero creare anche gli eventuali tempi lunghi dell'indagine.
Con Hamers UBS voleva esplorare nuove vie. Il dirigente si era detto convinto che il futuro delle banche sarà fondamentalmente digitale e che il rapporto con il cliente si manterrà principalmente attraverso lo smartphone. Si era inoltre battuto per piattaforme bancarie aperte, accessibili anche ad altri fornitori di servizi. È noto anche per una cultura aziendale lontana da quella in uso in ambiente bancario, caratterizzata da gerarchie piuttosto rigide, e sottolinea questo aspetto anche con il suo apparire: spesso rinuncia alla cravatta e calza scarpe da ginnastica.
In Olanda Hamers (Ceo di ING dal 2013 al 2020) aveva fatto parlare molto di sé anche per il suo tentativo non riuscito di aumentarsi fortemente lo stipendio, a livelli comunque molto inferiori a quelli praticati dalle banche elvetiche: da 1,6 a 3 milioni di euro. La richiesta aveva scatenato un putiferio politico e il consiglio di amministrazione l'aveva respinta. Nel frattempo il dirigente 54enne è subentrato - il primo novembre 2020 - a Ermotti nella carica di Ceo di UBS, uno degli impieghi in assoluto meglio pagati in Europa.