Il mercato delle bibite potrebbe cambiare radicalmente nei prossimi anni? Sì, secondo gli analisti
ZURIGO - Le giovani aziende che da qualche tempo commercializzano additivi per l'acqua da rubinetto mettono sotto pressione i tradizionali venditori di bibite e acque minerali, la cui attività viene spesso criticata con motivazioni ecologiche. Vi sono addirittura analisti che vedono Nestlé ritirarsi a medio termine dal mercato in questione.
Praticamente nessun modello d'affari è più al sicuro da imprenditori pieni di risorse e da investitori in cerca di rendimento, afferma la Neue Zürcher Zeitung (NZZ) che al tema dedica oggi un articolo. I riflettori vengono puntati su Waterdrop, azienda viennese che produce cubetti aromatici, da mescolare con l'acqua corrente per generare bevande dal sapore gradevole.
La società esiste solo dal 2016, ma ha già allacciato relazioni d'affari con i principali rivenditori in Germania, Francia e Svizzera. Qualche mese fa l'azienda ha anche ricevuto nuovi capitali e il prossimo round di finanziamento è previsto per settembre. «Vogliamo ampliare il business e poi portarlo a livello globale», afferma il fondatore Martin Murray in dichiarazioni riportate dalla NZZ.
Waterdrop cavalca due cavalli di battaglia del momento: le bevande in questione non contengono zucchero - sono dolcificate al massimo con la stevia - e in secondo luogo il sistema dei cubetti evita il problema delle bibite trasportare in bottiglie di Pet per chilometri e chilometri. Anche per i commercianti il prodotto in polvere è molto interessante: la sterminata gamma di acque minerali necessita infatti di enormi spazi nei negozi e la logistica delle bottiglie è costosa.
Waterdrop va quindi chiaramente ad intaccare gli interessi dei grandi produttori di acqua minerale come Nestlé, Danone e Coca-Cola. L'acqua era una volta uno dei segmenti principali di attività di questi giganti, ma recentemente il comparto ha perso molto del suo splendore. La crescita è lenta e le prospettive di rendimento sono diminuite. Nestlé, per esempio, non rivela più il margine nelle acque minerali: secondo la NZZ è probabile che sia inferiore a quello del gruppo nel suo insieme e che quindi diluisca la redditività.
Nestlé ha già reagito, cedendo ad esempio le sue attività con acque di sorgente negli Stati Uniti. Il gruppo si concentra quindi su quelli che presenta come marchi premium. Gli investitori si stanno però tuttavia chiedendo se i giorni di questo impegno non siano contati. «Non sarei sorpreso se Nestlé uscisse dalle attività dell'acqua a medio e lungo termine, cioè tra cinque o dieci anni», spiega Patrik Schwendimann, analista della banca cantonale di Zurigo, alla NZZ.
Il settore in questione non solo genera rendimenti inferiori alla media per il gruppo, ma rischia anche di finire sempre di più nel mirino di investitori che non ne gradiscono l'impatto ambientale. Nestlé afferma che le sue attività nel ramo saranno neutrali dal punto di vista climatico al più tardi entro il 2025, ma fino ad allora il dibattito potrebbe farsi più intenso.