L'introduzione avverrà puntualmente il 1° gennaio 2024
BERNA - La Svizzera rompe gli indugi: da inizio gennaio, stando a una decisione odierna del Consiglio federale, anche Berna introdurrà come previsto l'imposizione minima dell'OCSE/G20 per le multinazionali. L'obiettivo è evitare che la base imponibile finisca all'estero.
Fino all'11 dicembre scorso, rispondendo a una domanda in Parlamento, la consigliera federale Karin Keller-Sutter aveva dichiarato che il Governo stava ancora osservando quanto facevano altri Stati, specie i concorrenti più attrezzati, prima di decidere all'ultimo momento.
Già mesi fa sia l'esecutivo sia le commissioni competenti avevano riflettuto su una possibile proroga al 2025 visto che alcuni Paesi non sembravano ancora pronti per questo passo. Keller-Sutter aveva tuttavia aggiunto, sempre nell'aula del Consiglio nazionale, che la maggior parte dei Paesi europei e di quelli industrializzati - come Regno Unito e Corea del Sud - avrebbe di principio rispettato la scadenza convenuta, ossia il 1° gennaio 2024. Ebbene oggi l'esecutivo si è finalmente deciso per il grande passo.
Di cosa si tratta
Come noto, il 18 giugno 2023 un'ampia maggioranza di popolo e Cantoni ha approvato il decreto federale concernente un'imposizione speciale dei grandi gruppi di imprese. Il decreto federale, stando a una nota odierna, dà al Consiglio federale la facoltà di attuare l'imposizione minima dell'OCSE/G20 mediante un'ordinanza temporanea. La disposizione transitoria nella Costituzione federale prevede a tale scopo l'introduzione di un'imposta integrativa. Entro sei anni dall'entrata in vigore dell'ordinanza sull'imposizione minima (OImM) l'esecutivo dovrà presentare al Parlamento un testo di legge che la sostituisca.
L'imposizione minima viene applicata sotto forma di un'imposta integrativa nazionale con cui la Svizzera può garantire a livello interno un'imposizione minima del 15% dei grandi gruppi di imprese attivi a livello internazionale che realizzano un fatturato superiore a 750 milioni di euro (poco più di 700 milioni di franchi svizzeri al cambio attuale). Ciò permette di evitare il deflusso della base imponibile dalla Svizzera verso altri Paesi. Se uno Stato intende mantenere un'imposizione più bassa, gli altri possono infatti imporre un'ulteriore tassazione alle imprese assoggettate a un'aliquota inferiore.
In base alle stime sono circa 200 le società elvetiche e 2000 circa le filiali di multinazionali attive in Svizzera interessate da questo modello di tassazione. Le circa 600'000 PMI e altre società operanti unicamente in Svizzera non sono interessate dalla riforma.
Per il momento, precisa il comunicato, il Governo rinuncia invece per ora a porre in vigore le imposte integrative internazionali IIR e UTPR. Continuerà a seguire gli sviluppi internazionali e deciderà in merito alla loro introduzione in un secondo tempo, tenendo conto della necessità di tutelare gli interessi della Svizzera.
Le ripercussioni
L'accordo per l'introduzione di un'imposta integrativa è stato raggiunto dal Parlamento nel dicembre 2022 dopo che Consiglio nazionale e degli Stati avevano trovato un'intesa sulla ripartizione fra Cantoni e Confederazione e all'interno dei cantoni degli introiti supplementari generati dalla futura nuova imposta integrativa. Le maggiori entrate per le casse pubbliche potrebbero oscillare tra un miliardo e 2,5 miliardi di franchi a partire dal 2026-2027.
D'accordo sul principio dell'imposizione minima, il Parlamento si era concentrato sulla ridistribuzione di questa manna. Inizialmente il Nazionale aveva optato per una suddivisione in parti uguali tra Confederazione e Cantoni. Vista l'opposizione di Governo e Consiglio degli Stati, la Camera del popolo aveva ceduto accettando di lasciare ai Cantoni dove hanno sede le imprese interessate il 75% delle entrate generate da questa nuova imposta, Berna riceverà il 25% restante. I Cantoni a loro volta dovranno tenere conto adeguatamente dei comuni per quanto attiene alla quota loro spettante.