Giona Galfetti è il bomber del Gambarogno-Contone: le sue reti stanno trascinando la sua squadra nelle zone nobili della classifica.
CONTONE - Quando c'è un gruppo sano e coeso tutto diventa più semplice. Abbinato al duro lavoro quotidiano, di pari passo anche le classifiche diventano più "sexy". Non per Giona Galfetti, bomber del Gambarogno-Contone, al quale graduatoria e calendario interessano poco: il diretto interessato preferisce di gran lunga concentrarsi su ciò che accade all'interno del rettangolo verde.
«Spesso i calciatori dicono di non guardare la classifica, ma sappiamo tutti che non sempre è vero... - ci ha detto il 22enne - Per quanto mi riguarda non è una frase fatta e lo dico sinceramente, non guardo mai contro chi gioco, non guardo mai il calendario e non guardo mai le classifiche. Mi capita di scoprire il prossimo avversario soltanto perché su Instagram mettono l'informazione. Mi è capitato di arrivare al lavoro e che i colleghi mi chiedessero: "Allora sabato come vedi il derby con il Locarno?" E io non ne sapevo nulla...».
Nonostante ciò, i suoi numeri sono importanti. Con 8 gol realizzati in 15 partite, il 22enne - di professione elettricista presso l'Ofima SA - ha contribuito sensibilmente all'eccellente inizio di stagione della sua squadra, attualmente terza nel campionato di Seconda Lega Interregionale a -4 dalla vetta e appaiata ai cugini del Locarno. «Sono un po' tutti stupiti di quello che stiamo facendo, forse perché in passato l'obiettivo della società era sempre stato quello della salvezza. Da parte nostra stiamo lavorando bene e con molta umiltà. Non voglio sembrare uno sbruffone, ma la vittoria quest'anno per noi è diventata una sorta di piccola abitudine. Ripeto, all'interno del gruppo non siamo molto sorpresi di quello che stiamo facendo».
Alla promozione ci pensate?
«Noi giocatori ci pensiamo, eccome! La società non so, non so quali siano le loro idee... Quando però sai di essere così in alto, l'obiettivo è quello di rimanerci il più a lungo possibile».
Dove è nata la passione per il calcio?
«Da molto lontano. A tre anni giocavo già in giardino con mio papà, calciando un pallone contro il muro. E poi guardando il Milan: avendo ricevuto in regalo le prime scarpette da calcio rossonere e la maglietta di Ronaldinho tutto è stato semplificato. Appassionarsi al calcio grazie a Ronaldinho è facile, imitarlo un po' meno...».
Cosa rappresenta oggi per te il pallone?
«È la classica passione, ma soprattutto uno sfogo, ho bisogno di fare sempre qualcosa e di stare in movimento. Infatti adesso che il campionato si ferma vado a correre o in palestra. Sono molto appassionato anche di pesca, ma d'inverno evidentemente non è mai facile».
C'era però stato un periodo di stacco, giusto?
«Sì, esattamente. Negli anni scorsi mi ero preso una pausa dal calcio a causa del militare, prima del quale giocavo a Locarno dove mi sono fratturato la rotula. Prima del militare mi sono anche preso due mesi e mezzo per andare in Nepal. Tuttavia, il legame con il calcio era troppo forte e dunque sono tornato a giocare».
Calcisticamente sei nato e cresciuto attaccante?
«Non mi sono mai spostato dal centrocampo in giù. Anzi sì. Una volta un allenatore mi aveva schierato in difesa, ma causando un rigore e prendendo un cartellino rosso fortunatamente si è trattato di un caso isolato. L'area difensiva non l'ho mai più rivista (ride, ndr). Il mio attaccante preferito? Oggi Haaland, in passato invece amavo Drogba».
Vista la giovane età e il visto il grande momento che stai attraversando, nulla ti è precluso...
«È un'onda che sto cavalcando. Il sogno del calciatore c'è sempre stato. Malgrado ciò, vi assicuro che sono molto contento della vita attuale. Certo, a 22 anni pensi che magari un giorno possa arrivare qualcosa di ancor più grande, ma ora voglio rimanere con i piedi ben piantati a terra. Il sogno nel cassetto, però, ci sarà sempre...».