L'iniziativa di Pechino piace alla diplomazia internazionale. Ma c'è il nodo trasparenza sui vaccini
L'ambasciatore Irit Ben Abba: «Per un'intesa reciproca dobbiamo prima capire cosa sia il vaccino cinese».
PECHINO - L'idea di un certificato vaccinale "ad hoc" nel contesto della pandemia è sui tavoli di governi e organi internazionali già dalla prima metà dello scorso anno. La Cina è stata la prima, settimana scorsa, ad annunciare l'introduzione di un passaporto di questo tipo. Ma qualche ostacolo sul percorso sembra già essersi presentato.
Se da un lato l'iniziativa sembra essere stata accolta con una certa soddisfazione dai funzionari diplomatici esteri, dall'altro è stata sollevata la problematica della trasparenza dei dati. In particolare in materia degli stessi vaccini anti-Covid. «Per avviare un'intesa reciproca sui vaccini, dobbiamo prima di tutto capire cosa sia il vaccino cinese», ha detto l'ambasciatore israeliano in Cina, Irit Ben Abba, citato dal South China Morning Post.
Su questo fronte, Israele - forte di una campagna vaccinale in stato avanzato - ha già sottoscritto accordi con altri paesi, tra i quali la Grecia e Cipro, per consentire i viaggi ai cittadini già immunizzati. E a semplificare l'intesa in questi casi è stato il "fattore Pfizer", denominatore comune delle rispettive campagne.
Nell'annunciare il proprio passaporto, Pechino non ha reso noto quali siano per ora i paesi con cui ha già avviato i colloqui per "ricevere il visto" al proprio pass. Ma la questione trasparenza, sottolineata da Irit Ben Abba, dovrebbe essere una priorità anche per il governo cinese, che a sua volta dovrebbe «probabilmente voler capire quali sono gli effetti del vaccino che stiamo utilizzando noi».