Valérie Baggi, PR Manager di Generazione Giovani PPD Ticino.
Membro del Comitato ticinese delle personalità a favore dell’iniziativa e del Comité bourgeois per multinazionali responsabili.
Un titolo del genere può far sorridere, ma visti i commenti ricevuti da persone contrarie all’iniziativa o ancora indecise, mi sembra pertinente.
È spesso così, quando un’iniziativa è ritenuta troppo bella, si cerca subito la trappola. Se per di più i contrari non sono pochi, questa diffidenza sembra essere giustificata.
Sono riconoscente a chi critica, perché è grazie al dibattito che si analizza seriamente l’oggetto di studio. È per questo che vorrei qui di seguito approfondire alcuni degli argomenti contrari all’iniziativa più diffusi.
Si sente spesso dire che l’iniziativa coinvolgerà pure i fornitori delle multinazionali. Il testo invece è chiaro: i fornitori e i subappaltatori non sono interessati. I dubbi nascono da un’incomprensione. Infatti se le multinazionali hanno un'influenza talmente alta su di loro al punto da controllarli, non si tratta più di semplici fornitori, ma bensì di filiali de facto, anche se non de jure. A titolo d’esempio, se una multinazionale rappresenta l'unico cliente di un fornitore in un paese terzo, essa è in grado di controllarne le condizioni di lavoro. In tal caso, la multinazionale potrà essere chiamata a renderne conto.
Qui sorge un’altra domanda: ci sarà un’ondata di cause giuridiche? Innanzitutto questo interrogativo presupporrebbe che i casi di gravi violazioni dei diritti umani e degli standard internazionali a livello ambientale siano estremamente diffusi: se così fosse effettivamente, personalmente non mi dispiacerebbe che ci fosse quest’ondata. Per fortuna, la realtà è diversa: la stragrande maggioranza delle aziende agisce già oggi con responsabilità, ma a causa di alcune eccezioni, è necessario introdurre delle regole vincolanti. Le cause saranno quindi limitate a pochi casi eclatanti, anche perché la persona che chiede un risarcimento deve dimostrare di aver subito un danno, l’illegalità delle azioni che hanno causato tale danno e il nesso di causalità tra azione e danno. Queste prove andranno presentate, anticipando le spese giudiziarie, a un tribunale svizzero che le valuterà unitamente alle controprove prima di prendere una decisione (sottolineiamo en passant che non vi sarà alcuna inchiesta svizzera nei paesi in cui è avvenuto il danno).
Un altro importante contro-argomento riguarda la cosiddetta inversione dell’onere della prova. Per i contrari, la multinazionale dovrebbe dimostrare la propria innocenza senza partire dal principio di presunzione d’innocenza. Ma non è così! Anche se il richiedente dovesse provare tutte le condizioni di responsabilità, la multinazionale ha comunque sempre la possibilità di liberarsi dimostrando di aver esercitato la dovuta diligenza per prevenire il danno. Contrariamente a quanto sostenuto, non è quindi prevista nessuna inversione dell'onere della prova.
Da ultimo uno sguardo sulle PMI. Le Piccole Medie Imprese (PMI) non saranno, per la maggioranza, interessate dall'iniziativa. Faranno eccezione solo quelle attive in settori ad alto rischio: per esempio quelle attive nel commercio di oro, di diamanti, ecc. I settori sono ben delimitati dalla definizione 'ad alto rischio' e il Consiglio federale sarà chiamato a precisarne i criteri.
Visto quanto precede ritengo importante il sostegno a questa iniziativa. Non illudiamoci, non siamo i primi a responsabilizzare le multinazionali, ma facciamo in modo di non essere gli ultimi.