Quanto sta succedendo in Ucraina ha riacceso il dibattito sugli investimenti nell'esercito e nella Difesa
La Svizzera dovrebbe seguire la decisione della Germania e aumentare i fondi? L'appello di alcuni politici
BERNA - Con l'invasione russa in Ucraina è iniziato un nuovo conflitto armato sul territorio europeo, una guerra che per moltissimi era finora inconcepibile, e che si è affacciata improvvisamente, e in tutta la sua crudezza, alle porte del continente.
La Germania ha quindi deciso di aumentare in modo deciso le proprie spese militari, effettuando una scelta che è ben presto rimbalzata anche in Svizzera, portando alla ribalta delle discussioni che in realtà sono già state intavolate da tempo.
Il consigliere agli Stati Werner Salzmann, presidente della Commissione della politica di sicurezza (CPS), aveva infatti proposto al Consiglio nazionale già diversi anni fa di aumentare gli investimenti verso l'esercito a circa l'uno per cento del prodotto interno lordo (PIL). Si tratterebbe di circa sette miliardi di franchi all'anno, contro i cinque attuali.
«È assolutamente necessario»
Salzmann ha ora rilanciato la sua proposta: «La situazione attuale nell'Europa dell'est dimostra che l'aumento a sette miliardi di franchi è assolutamente necessario», ha dichiarato il politico al quotidiano 20 Minuten. La richiesta «è più attuale che mai», secondo Salzmann, che la riproporrà nella Commissione della politica di sicurezza.
Anche per il consigliere nazionale UDC Thomas Hurter - anch'egli membro della CPS - sono necessari più investimenti e, soprattutto, un ripensamento: «L'esercito è presente per proteggere e difendere la popolazione da possibili attacchi dall'esterno. Questo principio è stato trascurato negli ultimi anni». Per Hurter, anche il numero di soldati dev'essere aumentato di almeno 20'000 unità.
Un esercito ridotto «massicciamente»
D'altronde, come lamenta ad esempio il Consigliere agli Stati e Presidente del PLR Thierry Burkart, l'esercito è stato massicciamente ridotto negli ultimi anni e la sua capacità di difesa è diminuita di parecchio.
Burkart aveva già chiesto al Consiglio nazionale nel 2017 di investire «il due per cento del PIL» nella difesa, seguendo un obbiettivo della NATO (di cui ricordiamo, la Svizzera non fa parte). «Anche se la Svizzera non fa parte dell'Alleanza Atlantica, non può sfuggire ai rischi geopolitici» dovuti ad esempio «ad una mutata situazione nell'Europa orientale».
Ora, con due mozioni, Burkart e la Consigliera nazionale Maja Riniker (PLR) hanno chiesto l'adozione di misure adeguate (maggiori investimenti, più soldati e un accelerazione dell'acquisto dei jet) purché la Svizzera possa «rivestire in modo credibile il nostro ruolo di neutralità armata e proteggere al contempo in modo efficace la popolazione».
I jet nel mirino
Il tutto mentre Verdi, PS e il GsoA (Gruppo per una Svizzera senza esercito) stanno raccogliendo firme per fermare l'acquisto del jet da combattimento americano F-35. Burkart ha invitato i promotori ad interrompere la raccolta firme, richiesta rapidamente spedita al mittente: «Se il conflitto in Ucraina ci mostra qualcosa, è quanto poco possano fare i caccia e quanto sia importante la diplomazia», ha detto a riguardo la consigliera nazionale dei Verdi Marionna Schlatter.
La consigliera nazionale del PS Priska Seiler Graf è invece infastidita dal fatto che si stia "lucrando" a livello politico sulla situazione in Ucraina. «Questo è assolutamente immorale: fare questa richiesta così presto dopo lo scoppio della guerra è come minimo discutibile». Anche per lei, il ritiro dell'iniziativa è fuori questione, anche perché «le prime infrastrutture ad essere state distrutte nell'attacco all'Ucraina sono stati gli aeroporti e le piste di atterraggio».
Il dibattito, con i due fronti rappresentati dall'UDC e dal PLR da una parte e da PS e Verdi dall'altra, è già iniziato e sarà sicuramente oggetto di discussioni nei prossimi giorni, settimane e mesi.