La Procura l’ha sanzionata per violazione della legge sulla concorrenza e della legge sull’avvocatura, ma la donna afferma di non essersi mai presentata come avvocato. Il decreto però dice che...
LUGANO - «Sono accuse ingiuste e inveritiere» sostiene la titolare di “Lex et Iustitia”, società privata di “tutela legale, assistenza e consulenza giuridica” finita nel mirino dell’Ordine degli avvocati ticinese. Sulla donna, che si professa innocente, pesa un decreto d’accusa per violazione della legge sulla concorrenza sleale e violazione della legge sull’avvocatura. Motivo della sanzione (che il procuratore pubblico Andrea Gianini ha quantificato in una pena pecuniaria sospesa e una multa) l’attività svolta, e pubblicizzata con volantinaggio, da questa cittadina italiana, laureatasi oltreconfine, ma priva del brevetto necessario a rappresentare i clienti in giudizio. Questo aveva rivelato la Rsi e questo è stato ripreso da Tio/20Minuti.
Una ricostruzione che la titolare di “Lex et Iustitia” contesta, smentendo di essersi mai presentata come avvocato e sostenendo di essersi limitata all’assistenza dei clienti, «non rappresentandoli, ma tutelandoli in autodifesa». E, via email, aggiunge: «Non ho mai affermato di essere un avvocato». Accuse «ingiuste e inveritiere» le definisce: «Questa prassi scorretta è da definire, piuttosto, concorrenza sleale!».
Reato quest’ultimo che il magistrato infatti le contesta. Ma non solo, perché il decreto le imputa anche una violazione della legge sull’avvocatura, che all’articolo 29 recita: «Chi senza adempiere i requisiti della LLCA (che è la legge che disciplina la professione di avvocato, ndr) o della presente legge, oppure abusando della qualifica di avvocato, esercita la professione di avvocato, oppure avvalendosi del titolo di avvocato o in altro modo suscita l’impressione presso terzi di essere autorizzato all’esercizio della professione di avvocato nel Canton Ticino, è punito con la multa fino a 100mila franchi».
Lo spettro dell’articolo è ampio e il decreto contesta appunto alla titolare di Lex et Iustitia di aver suscitato l’impressione presso terzi di fornire prestazioni da avvocato. Una lettura giuridica che la titolare rifiuta, sostenendo di «espletare la stessa attività che svolgono centinaia di associazioni, sindacati, patronati, enti e autorità private». Al giudice la sentenza.