Emigrazione in aumento: le ipotesi demografiche sono «da rivedere» al ribasso, secondo l'Ustat. Con quali conseguenze?
BELLINZONA - Il futuro cambia di continuo. E il Ticino del futuro sarà un po’ diverso – probabilmente – da come ce lo aspettavamo. Le ipotesi pubblicate due anni fa dall’Ustat davano il Cantone in crescita demografica: nel 2040 gli abitanti sarebbero aumentati di 61mila unità, a 415mila. Un dato confortante per economisti e politici. E invece no.
Inversione migratoria - Il contrordine arriva direttamente dall’Ustat. Ed è dovuto a un trend inaspettato registrato negli ultimi cinque anni. «C'è stato un cambiamento nell'andamento migratorio» spiega l’esperto Danilo Bruno, che all’Ufficio di statistica si occupa di scenari demografici. Dal 2013 a oggi, osserva, «l’immigrazione ha avuto dei rallentamenti, mentre è aumentata l’emigrazione verso l’estero e la Svizzera interna: ad andarsene sono soprattutto i giovani».
Scenari da rivedere - Un trend «consolidato» a cui se ne aggiunge un altro: il calo del "saldo naturale" e l’aumento dei decessi. Se l’andazzo sarà confermato – come tutto fa pensare – nei prossimi due anni, l’Ustat dovrà rivedere al ribasso le ipotesi.
Popolazione in calo? - «Lo scenario più realistico al momento è quello di un aumento minimo» spiega Bruno. «Ma quasi certamente dovremo ipotizzare anche lo scenario di un calo della popolazione rispetto alle proiezioni attuali». Di quanto, è presto per dirlo. «Si tratta di scenari basati su ipotesi» precisa l'Ustat. Ma tanto basta a sparigliare le carte in tavola.
Un cantone di case vuote - Davanti alla prospettiva di un Ticino meno popolato, a preoccuparsi sono soprattutto i padroni di casa. «Il rischio, se verrà confermato il trend in corso, è di ritrovarci con un Cantone di case vuote» avverte Renata Galfetti.
«Ma si continua a costruire» - Per la segretaria regionale della Camera ticinese dell'economia fondiaria (Catef) al calo della pressione demografica «dovrebbe corrispondere un calo degli investimenti immobiliari» ma questo non è finora accaduto. «Al contrario: grandi fondi e investitori medio-piccoli continuano a costruire in Ticino, a piene mani. La conseguenza? Livelli di sfitto preoccupanti, nel Luganese, a Chiasso e ancor più nel Sopraceneri. Il danno potenziale per l'economia non è da sottovalutare. Occorre intervenire al più presto».
E le pensioni? - Un altro interrogativo che sorge spontaneo: in un paese sempre più vecchio, e con meno lavoratori, chi pagherà le pensioni? «In realtà, da molto tempo il nostro Cantone registra volumi di rendite superiori ai contributi prodotti sul nostro territorio» chiarisce Siro Realini dello Ias.
«Ricorreremo all'Iva» - Per fortuna però, l’Avs è gestita a livello federale. E Berna ha messo in conto che in futuro servirà un “aiutino”. «Ci si sta preoccupando di garantire all'assicurazione un assetto finanziario adeguato che consenta di gestire l'imminente carico economico delle rendite che occorrerà erogare agli assicurati nati fra il 1955 ed il 1965. Volendo evitare d'intervenire sulle aliquote, sul fronte contributivo ci si orienta a confermare il ricorso ad un finanziamento indiretto tramite una parte dedicata dell'Iva» continua l'esperto.
«Serve economia forte» - E l'assicurazione quando passerà nelle cifre rosse? «Secondo alcuni autorevoli studi, ciò dovrebbe avvenire al più tardi a partire dal 2025. Considerato che la parte essenziale del gettito contributivo è comunque coperta dagli alti livelli salariali che la nostra economia è in grado di esprimere – conclude Realini – occorrerà verificare se questi resisteranno alle pressioni esogene e come evolveranno nei prossimi 30 anni. Per superare la sfida occorre ritornare ad avere risultati positivi. Per arrivarci serve un'economia fortemente competitiva, che sappia indirizzare la propria azione verso i segmenti di mercato a maggiore valore aggiunto».