Il romanziere cileno Benjamín Labatut apre l'Endorfine Festival di Lugano, oggi (venerdì) al Boschetto del Parco Ciani con “Vertigini artificiali”.
LUGANO - Lo ascolti, lo leggi. E ti accorgi di essere inadeguato, non abbastanza preparato, poco sensibile. A farti sentire così è la complessità del pensiero del giovane (classe 1980) scrittore cileno Benjamín Labatut. La sua lucida e allo stesso tempo delirante analisi della realtà è uno schiaffo all'idea che tutto può essere comprensibile solo con la ragione. Che, se usata come unica visione del mondo, nelle sue ombre è portatrice di cortocircuiti, paradossi, orrori e - perché no - vertigini. Se ne parlerà questa sera, venerdì 13 settembre (ore 21.15), al Boschetto Ciani con un visionario, ossessionato dall'andare oltre e autore di testi di successo, tradotti in oltre 30 lingue, come il suo "Quando abbiamo smesso di capire il mondo".
Benjamín Labatut, “Vertigini artificiali” è il tema dell'incontro di oggi all'Endorfine di Lugano.
«La vertigine non è solo la paura che genera l'altezza, ma il desiderio di saltare nel vuoto. È l'attrazione del nulla, il desiderio di cadere a testa in giù, ed è qualcosa che tutti proviamo, in un modo o nell'altro, di fronte a ciò che è al di là di noi».
Nel suo libro Maniac lei fa riferimento al tradimento della scienza e dell'IA, sconfitta però dall'uomo con una mossa "creativa". Sembra una speranza.
«Kafka scriveva che c'è sempre speranza, una quantità infinita di speranza, ma non per noi. La speranza si rinnova e si perde ogni giorno, perché è un'illusione umana, un sogno a cui ci aggrappiamo quando la realtà diventa insopportabile, o quando l'insensatezza ci fa girare la testa. Ma ritengo che il linguaggio della speranza sia estraneo alla letteratura, più proprio della religione o della politica. I libri forniscono un'altra risposta al senso e alla vertigine che la realtà genera in noi, il loro antidoto è diverso: la magia e il delirio».
E nei suoi utilizzi la vertigine può darla l'IA, specie se intesa come nuova bomba atomica che la scienza ci mette tra le mani.
«Entrambe sono emanazioni del fuoco di Prometeo, partecipano della duplice natura del potere e condividono la loro tragica essenza: la fusione nucleare potrebbe fornirci energia pulita illimitata, mentre le bombe atomiche potrebbero spazzare via la vita umana sulla Terra; l'IA offre la promessa di trovare risposte a misteri che vanno ben oltre le capacità umane e il pericolo di renderci obsoleti. Sotto quasi tutti gli altri aspetti sono molto diverse, ma entrambe ci mettono di fronte ai limiti dell'umano e ci costringono a scegliere tra più strade che possono portarci all'estinzione e altre che ci conducono verso il futuro che sogniamo».
In tutto questo, cosa la spaventa oggi?
«Le mie paure sono sempre le stesse: il diavolo, il lupo, la notte».
Paure infantili che si celano nel buio. Un vuoto difficile da spiegare con la sola logica, che fare per non farci sopraffare?
«Accanto alla logica, mettiamo la follia, che ci accompagna sempre. E il desiderio, che brucia e ci illumina. E mettiamo anche il nulla, da cui scaturiscono tutti i fenomeni, il vuoto pregnante da cui emerge l'essere».
Dunque ci sono infinite ancore di salvezza?
«Aggiungiamoci il fuoco, perché senza ardore il pensiero è inutile. E una goccia di perversione, perché l'arte senza ciò che non riconosciamo come nostro è spesso noiosa e troppo dolce. E mettiamo il corpo, da cui nasce la mente, e la mente che dà origine all'universo. E dietro la logica, la magia, naturalmente. E davanti alla logica, la furia. E sopra la logica, sopra e sotto di essa, l'umorismo e l'amore, che ci sostengono quando Pan balla, ride da ubriaco e scombina tutti i nostri piani».
Danza e musica, perché scienza e ragione, da sole, non bastano a salvarci. In un mondo che può invece essere letto anche attraverso l'arte (della narrazione) e la follia (della magia): più strumenti a renderci tutti diversi e meno appesantiti dalla razionalità a tutti i costi. Per tornare a guardarci dentro davvero, senza rinunciare ad essere ancora un po' bambini.