Un rapporto, quello di Alain Scherrer con il Municipio, durato 20 anni. Ci racconta la Città che lascia e quella che sogna di veder nascere
LOCARNO - Interrompere una relazione dopo 20 anni è un po' come un lutto. Ne sa qualcosa Alain Scherrer che, dopo 20 anni nell'esecutivo cittadino (di cui quasi un decennio come sindaco), ha deciso di chiudere il suo capitolo nella Città di Locarno.
Lo abbiamo raggiunto al telefono per carpirne lo stato emotivo, per sapere che sapore ha questo addio.
«L'emozione è forte. In vent'anni di Municipio di cui nove da sindaco, con la Città e i cittadini come ultimo pensiero prima di andare a dormire e come primo al risveglio, sapere che da domani sarà tutto diverso è certamente qualcosa che non può lasciare indifferenti. L'emozione più forte l'ho provata martedì, quando abbiamo chiuso l'ultima seduta di Municipio. C'è stato un momento in cui volevo salutare i colleghi con delle parole di commiato e di ringraziamento, ma l'emozione non me l'ha permesso. Abbiamo rinviato a cena e non ce l'ho fatta neanche all'aperitivo, nemmeno a metà pranzo. Sono riuscito a parlare alla fine, ma con la voce strozzata dall'emozione e gli occhi lucidi. Avevamo tutti gli occhi lucidi, perché - e lo dico fuori da ogni retorica - siamo stati davvero una squadra. Una squadra che ha lavorato per il bene della città, facendo naturalmente anche degli errori, ma che si è sempre adoperata a fin di bene».
Che Locarno lascia?
«Prima di tutto sono felice dello spirito di coinvolgimento con cui abbiamo portato avanti la politica cittadina, ad esempio attraverso il Forum delle associazioni di quartiere, attraverso processi di partecipazione come il Programma d'azione comunale, la GiRotonda... Lascio con uno spirito che mi auguro possa essere portato avanti, di collaborazione e non di contrasti. Uno spirito che ha permesso di porre le basi per lo sviluppo di diversi quartieri della città. Penso a Piazza Grande, Largo Zorzi col progetto Nouvelle Belle Époque, a quello di ristrutturazione del castello, o ancora l'eco quartiere. Ci sono le basi per opere che prenderanno tempo e saranno materia di lavoro per il prossimo municipio e anche quelli seguenti. Il problema più grande, mi sento di dire, è a livello finanziario. La situazione diventa sempre più difficile, anche per cause esterne, quindi occorrerà fare attenzione anche a questo aspetto».
Quindi, la Locarno che spera di vedere nei prossimi anni è quella che ha impostato lei...
«È così. Ma mi piacerebbe anche vederla aggregata, più grande e più unita. In questo io ho fallito. Nove anni fa ero convinto che sarei arrivato ad oggi con una Locarno sicuramente non aggregata da Gudo a Brissago, ma diversa. Non è stato possibile. Forse potevo fare di più, ma è anche vero che le resistenze all'esterno sono state molto forti. Ci sono comuni che stanno molto bene finanziariamente, nei quali questo discorso è difficile da far passare. Ma bisogna anche essere in grado di vedere oltre la propria staccionata. Locarno può essere una regione unita e con servizi di maggiore qualità».
I pronostici vedono Nicola Pini come il suo naturale successore. È pronto?
«È il candidato del partito di maggioranza che si ripresenta: ha tutte le carte in regola per essere eletto. Ma ha anche creato un ampio consenso attraverso l'ottimo lavoro svolto in questi anni. E non solo nei tre di Municipio. Nicola Pini ha un'esperienza in Gran consiglio, di cui è stato anche presidente. Sembra nato per fare politica, quindi non ho dubbi che possa far bene. L'unica cosa che deve ricordare, è che non si fa nulla da soli. Il sindaco deve avere una squadra, deve saperla valorizzare e deve creare entusiasmo al proprio interno. E quando le cose vanno male deve anche avere il coraggio di metterci la faccia e fare da parafulmine».
Locarno è l'unica tra le grandi realtà con una partecipazione maggiore rispetto alla scorsa tornata.
«Cambia il sindaco, ci sono candidati forti e quindi competizione, anche interna. Tutto questo favorisce sicuramente l'affluenza alle urne. È comunque triste pensare che stiamo parlando di quasi metà della popolazione che non va a votare, senza considerare le schede che saranno senza intestazione».