Nel carcere della Stampa c'è una struttura per gli "incontri intimi". Ci siamo entrati. Ecco le immagini in esclusiva.
CADRO - Per raggiungere la “casetta dell'amore”, alla Stampa, bisogna passare attraverso una serie di controlli. Cancelli a doppio check, telecamere e muraglioni di cemento. Alla fine ci si ritrova in mezzo a un prato in fiore. La vista è surreale: uno chalet circondato dal filo spinato, al limite della foresta, domina dall'alto le carceri cantonali. È qui che i detenuti di Cadro salgono a passare le loro ore di privacy (6 al massimo, ogni due mesi) in intimità con mogli e fidanzate - ma spesso anche insieme a tutta la famiglia. E qui qualcuno vorrebbe che fossero ospitate anche delle prostitute.
«Struttura unica» - La struttura visitata da Tio.ch-20minuti, di cui mostriamo le immagini in esclusiva, è un luogo «unico in Svizzera» spiega il direttore delle Strutture carcerarie del Cantone, Stefano Laffranchini: «In nessun carcere elvetico esiste qualcosa di simile». La cascina – due bagni, salotto con cucina, caminetto e naturalmente la zona notte con un grande letto matrimoniale – è un ex grotto adibito a una sorta di privée per carcerati. L'anno scorso 22 dei 140 ospiti della Stampa hanno usufruito dello chalet (soprannominato “La Silva”) per trascorrere momenti d'intimità in compagnia femminile – ma anche in famiglia. Si tratta di «un premio per i detenuti che si distinguono per buona condotta» continua Laffranchini.
«Vietato alle prostitute» - L'attività sessuale in carcere, del resto, facilita il reinserimento sociale. A una condizione: le ospiti della casa dell'amore «devono poter dimostrare di avere un rapporto sentimentale significativo e duraturo con i carcerati» precisa Laffranchini. Niente prostitute o scappatelle occasionali. Una regola che non è piaciuta a tutti i detenuti: di recente, non è mancato chi ha fatto ricorso contro la decisione della direzione di vietare alcune visite con “amiche” sospette. «Su questo non transigiamo. Se dovessimo aprire lo chalet alle prostitute avremmo difficoltà a gestire il servizio: i detenuti stranieri, senza legami affettivi sul territorio, sono sempre di più, le richieste esploderebbero» afferma Laffranchini, che conclude: «Lo chalet è pensato per consentire ai detenuti di mantenere i rapporti sociali. È evidente che, quando si tratta di prostitute, questa funzione viene meno».