Associazioni e sindacati ticinesi hanno scritto una missiva alle autorità federali
BELLINZONA - Con l'arrivo della pandemia e tutto ciò che ne è conseguito, tra cui il telelavoro, la Confederazione aveva concesso ai lavoratori frontalieri di poter lavorare a tempo pieno da casa, senza che loro o le aziende debbano sottostare a particolari imposizioni.
A partire dal primo febbraio di quest'anno, però, la concessione iscritta in un accordo amichevole con l'Italia - e che è scaduta - non è stata rinnovata. I titolari di permesso G saranno quindi nuovamente sottoposti alla tassazione svizzera soltanto se il telelavoro è inferiore a un quarto delle ore totali d'impiego. Oltre il 25 per cento, subentrano le aliquote italiane.
Dal Ticino, però, le cose si muovono. In una lettera aperta, alcune associazioni e sindacati hanno chiesto a Berna di intervenire «senza indugio presso le autorità italiane al fine di concordare un regime, anche transitorio, che permetta la continuazione del telelavoro parziale oltre il 31 gennaio 2023».
Stupore per l'incertezza creatasi
Ad aver firmato AITI, la Camera di Commercio (CC-Ti), e i sindacati OCST e Unia, secondo cui l'accordo amichevole e l'applicazione flessibile della soglia del 25% per l'assoggettamento alle assicurazioni sociali «hanno introdotto regimi straordinari che hanno aiutato la nostra regione, e non solo, ad affrontare la difficile crisi sanitaria evitando al contempo effetti giuridici indesiderati, anche se le persone hanno di fatto lavorato in modo continuativo in Italia».
Oltre a ciò, il telelavoro «ha contribuito a ridurre, almeno parzialmente, il traffico e il relativo carico ambientale. Ed è potenzialmente un utile strumento anche nell’ottica del risparmio energetico».
Visti tali benefici, associazioni e sindacati hanno espresso «stupore» per la decisione di porre fine «con un solo mese di preavviso e senza soluzione transitoria» a questa situazione. Un'interruzione che «crea incertezza e che aziende e dipendenti vorrebbero evitare. Anche perché in materia di assicurazioni sociali, il regime speciale Covid è stato per contro già prorogato fino al 30 giugno 2023. Abbiamo quindi una chiara discrepanza tra i regimi fiscali e assicurativi, in relazione alla medesima persona e al medesimo lavoro».
«Riteniamo importante che le autorità svizzere e italiane trovino celermente una regolamentazione più adeguata alla situazione», si può leggere infine nella lettera, «introducendo delle soglie di telelavoro durevoli anche in ambito fiscale, idealmente parificandole a quelle assicurative». Secondo i firmatari, «questo potrebbe essere fatto tramite un accordo amichevole, in modo da non dover prevedere le lungaggini procedurali che contraddistinguono gli accordi internazionali».