Il fatto che Assange debba scontare cinque anni di carcere (già scontati) è un campanello d'allarme per tutti i giornalisti d'inchiesta
LONDRA - È una vittoria per Julian Assange, ma non per il giornalismo. È questa la tesi portata avanti da un giornalista del Guardian, che pur riconoscendo l'importanza dell'accordo siglato tra il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e il fondatore di Wikileaks, reputa «pericoloso» il fatto che Assange venga processato per aver svolto il lavoro che i giornalisti d'inchiesta svolgono quotidianamente.
L'accordo prevede che Assange si dichiari colpevole di un solo capo d'accusa, quello di aver illegalmente ottenuto e diffuso informazioni classificate relative alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e implica un periodo di detenzione di cinque anni, che il 52enne ha già scontato nel carcere di Belmarsh. Assange è stato rilasciato con la raccomandazione di dirigersi a Saipan, località situata sulle Isole Marianne, dove avrà la possibilità di firmare l'accordo in presenza delle autorità statunitensi.
La sentenza diventerà un punto di riferimento per i giudici che si chineranno su casi simili e potrà fungere da precedente. E questo, non solo per processi che coinvolgeranno giornalisti statunitensi, ma per tutti i giornalisti che infrangeranno l'Espionage Act del 1917, da cui sono partiti i procuratori pubblici per processare il fondatore di Wikileaks.
Il dibattito sulla libertà di stampa ha sempre fatto da contorno al caso Assange, al punto che l'accusa aveva tentato di argomentare che il 52enne non era un giornalista, bensì una spia, e che la libertà di stampa non sarebbe dunque stata compromessa. Ma la difesa aveva dimostrato più volte che non importava il modo in cui Assange veniva definito, l'importante era quello che aveva fatto e lui non aveva fatto altro che svolgere il lavoro che i giornalisti d'inchiesta svolgono ogni giorno.
Ricordiamo che i segreti di Stato pubblicati da Wikileaks, in particolare quelli sulle guerre in Iraq e Afghanistan, avevano permesso di gettare luce sulle pratiche profondamente disturbanti e disumane che l'esercito americano aveva portato avanti con il tacito accordo del Pentagono. Le rivelazioni erano state riprese dai principali media internazionali, e questo perché la loro pubblicazione era stata giudicata di vitale importanza per la libertà di stampa, indipendentemente dal fatto che fossero informazioni classificate.
L'accordo che Assange si appresta a firmare è dunque un bene, ma soprattutto un male. Lo spiega un direttore della Columbia University: «Eviterebbe lo scenario peggiore per la libertà di stampa, ma prevede che Assange sconti cinque anni di carcere per delle attività che i giornalisti svolgono quotidianamente». E ancora, l'accordo «getterà una lunga ombra sul giornalismo, non solo in questo paese, ma in tutto il mondo».