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Bonus milionari, ma nessuna coscienza: «Hanno giocato con Credit Suisse, e hanno perso»

Dal 27 marzo nelle sale ticinesi “Game Over” il documentario sul collasso di Credit Suisse: «La caduta inizia nel 1977, a Chiasso».
Bonus milionari, ma nessuna coscienza: «Hanno giocato con Credit Suisse, e hanno perso»
Game Over
La locandina del film
Bonus milionari, ma nessuna coscienza: «Hanno giocato con Credit Suisse, e hanno perso»
Dal 27 marzo nelle sale ticinesi “Game Over” il documentario sul collasso di Credit Suisse: «La caduta inizia nel 1977, a Chiasso».

ZURIGO - Il 19 marzo 2023, in una domenica di primavera apparentemente normale, accade l’impensabile: l’ex gloriosa Credit Suisse crolla e viene assorbita dalla UBS.

Esattamente 739 giorni dopo, il 27 marzo 2025, arriva nelle sale ticinesi e d'Oltregottardo “Game Over”, un documentario investigativo che rilegge gli eventi di quel periodo turbolento dalla prospettiva dei dirigenti coinvolti.

Game OverLa locandina del film

A rendere possibile il film sono la casa di produzione Contrast Film, il regista Simon Helbling (“Davos 1917”) e il caporedattore della SonntagsZeitung Arthur Rutishauser.

Quest’ultimo, intervistato da 20 Minuten, racconta di aver voluto rendere accessibile al grande pubblico una vicenda finanziaria complessa.

Signor Rutishauser, il tema del vostro film è "too big to fail"?
«Vedremo. Con il film su Swissair o quello su Jelmoli si è visto che c’è un pubblico interessato a questo tipo di prodotti».

Cosa intende per «questo tipo di prodotti»?
«“Game Over” è un tentativo di raccontare un tema complesso in modo comprensibile e accattivante per il grande pubblico, senza limitarsi a numeri e documenti. Senza false modestie, credo che ci siamo riusciti».

Game OverSergio Ermotti, Amministratore delegato di UBS.

Il confronto con il film su Swissair, “Grounding”, è inevitabile. Perché avete scelto il documentario invece di un film di finzione?
«Ci sono diverse ragioni. Prima di tutto, il tempo: scegliere e preparare attori avrebbe richiesto ancora più tempo, oltre a quello necessario per la ricerca giornalistica. Per temi come questo - di forte attualità - è essenziale uscire con una certa rapidità. Insomma, è fondamentale che il tutto sia ancora percepito come “caldo”».

A proposito di fatti: ha incontrato resistenze durante la ricerca?
«Mentre svolgevamo l'inchiesta ci sono arrivate diverse minacce di azioni legali da parte degli ex-dirigenti di CS. Ma in questo tipo di lavoro è una cosa normale».

Di che tipo di minacce stiamo parlando?
«Si accusa subito di violare la privacy, si cerca di intimidire. D’altra parte quelle persone, sapevano già cosa avevo scritto in passato sull'argomento».

E lei non si è lasciato frenare?
«Certo che no. Con la maggior parte di loro poi ho parlato, almeno in sede privata. Solo uno di loro non ha voluto sentire ragioni».

Game OverLa presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, anche capa del Dipartimento federale delle finanze (DFF).

Di chi si tratta?
«
Urs Rohner. È probabilmente il caso più delicato, perché per molti è il volto del fallimento di Credit Suisse, anche se non era più lì alla fine».

Perché non ha voluto parlare?
«Non ha alcuna intenzione di affrontare pubblicamente quanto capitato. Il caso di Tidjane Thiam è stato analogo, con lui però almeno ho avuto uno scambio di e-mail».

E con gli altri come è andata?
«Spesso è stato necessario trattare, anche a lungo. In generale però quando hanno capito che il nostro obbiettivo era quello di ricostruire l’intera storia, alcuni si sono convinti a parlare».

Qualcuno ha provato a ripulire la propria immagine?
«Sì, praticamente tutti. Alcuni addirittura con presentazioni in PowerPoint (ride)».

È soddisfatto del risultato?
«Sì, abbiamo raccolto una storia davvero avvincente. Abbiamo parlato con dirigenti di Credit Suisse di tutte le epoche, a partire dello Scandalo di Chiasso del 1977 in poi».

Game OverL'avvocato Paolo Bernasconi, davanti all'ex-Credit Suisse di Chiasso.

Cosa deve aspettarsi il pubblico in sala? Deve attendersi qualche nuova rivelazione?
«Nel film in pratica raccontiamo 50 anni di Credit Suisse, e tutto parte da un disastro finanziario che la maggioranza delle persone conosce in modo parziale o semplicemente errato».

Intende lo Scandalo di Chiasso?
«Esatto. È stato un evento di una gravità enorme che, anche all'interno di Credit Suisse, è stato preso sotto gamba e poi dimenticato. Dopo aver perso 5 miliardi di franchi, la banca era tecnicamente fallita ed è riuscita a sopravvivere solo grazie all'intervento tempestivo della Banca nazionale».

E cosa successe dopo?
«Iniziò a espandersi a livello globale, gonfiandosi a dismisura. Già nel 2002 era di nuovo sull’orlo del collasso».

E poi arrivò il 2007...
«Da quel momento, la banca è stata praticamente saccheggiata dai suoi stessi manager. Un’élite di circa 1’500 persone guadagnava almeno un milione all’anno, anche se la banca perdeva soldi. E come se fosse stata, gradualmente ma inesorabilmente, dissanguata dall'interno».

Il titolo “Game Over” richiama il mondo dei giochi. Secondo lei i dirigenti hanno giocato con la loro stessa banca?
«È proprio una delle cose che emergono. Dal 2010 in poi non c'era più un vero modello di business che le permettesse di guadagnare in modo serio e lungimirante. Per questo motivo queste persone hanno iniziato ad assumersi rischi sempre maggiori. E alla fine hanno perso».

Ha fatto centinaia di ore di interviste. Cosa l’ha scioccata di più?
«L’incredibile disinvoltura con cui si sono ignorate le leggi. Prendiamo le norme antiriciclaggio: si sono bruciati 22 miliardi di franchi facendo affari con criminali con cui non si potevano - e non si dovevano - fare affari».

E cos’altro?
«Il caso Mozambico: un intero Paese portato alla rovina dalla sete di guadagno di alcuni banchieri. E la cosa più tremenda è che lo sapevano tutti».

Game Over

C'è qualcosa che non è andata come avrebbe voluto?
«Pensavo che alcuni dei principali responsabili di tutto questo, alla fine, avrebbero parlato».

E invece?
«Solo una o due persone hanno mostrato un minimo di rimorso, ma solo a telecamere spente. È una cosa inconcepibile».

Quindi, nonostante gli alti bonus che dovrebbero riflettere responsabilità e leadership, nessuno si assume la colpa?
«Nessuno. Hanno preso bonus osceni, anche quando era chiaro che la banca stava crollando. Questo non è capitalismo: la banca è stata divorata dall’interno».

Si aspetta una reazione politica al film?
«Sì. Non sono un avvocato, ma i legislatori e gli enti di sorveglianza potrebbero essere scossi da quanto racconteremo. Se non altro, l'auspicio è che inizino almeno a far rispettare le leggi esistenti...».

Dopo Swissair e Credit Suisse, secondo lei quale altro scandalo svizzero meriterebbe un film?
«In generale è difficile suscitare un interesse trasversale con dei temi economici. Un possibile candidato potrebbe essere l’ex CEO di Raiffeisen, Pierin Vincenz. Ma forse ormai è tardi».

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