Contrario il sindacato dei mass media: «Incomprensibile questo indebolimento»
BERNA - Respingere l’iniziativa popolare, ridurre il canone radiotelevisivo da 335 a 300 franchi l'anno ed esentare la maggior parte delle imprese dal canone Serafe. Sarebbero questi i tre punti su cui si baserebbe il piano del Consiglio federale, stando a quanto riportato dalla NZZ. La “strategia”, se confermate le indiscrezioni giornalistiche, andrebbe in qualche modo a sgonfiare “200 franchi bastano”. L’iniziativa popolare è stata ideata da UDC, Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) e giovani liberali-radicali. Lo stesso Albert Rösti, attuale ministro delle comunicazioni (DATEC) è ancora considerato parte del comitato.
Si avranno più informazioni mercoledì, quando il Consiglio federale si esprimerà per la prima volta sull’iniziativa. La misura decisa dal Governo, in ogni caso, avrebbe delle conseguenze non indifferenti per la SSR. In un incontro fra governo e azienda, quest’ultima ha sottolineato come la riduzione porterebbe un taglio del budget fra i 150 e i 200 milioni di franchi. Come spiega il portavoce SRG SSR Edi Estermann «avrebbe conseguenze negative per i programmi, la struttura decentralizzata dell’azienda e i collaboratori».
I sostenitori dell'iniziativa “200 franchi bastano” ritengono che un buon servizio pubblico possa essere mantenuto anche con una somma significativamente inferiore, a patto che la SSR si concentri sul suo mandato principale.
La posizione dell’USAM è più sfumata: «Il nostro obiettivo è quello di esentare le PMI dalla tassa Serafe», ha dichiarato alla NZZ il presidente Fabio Regazzi. «Se il Consiglio federale presenta ora una proposta che affronta questa preoccupazione principale e alleggerisce l'onere per le famiglie, allora possiamo accettare questa soluzione».
Contrario, invece, il sindacato dei mass media (SSM): «È illusorio credere che la SSR o i media elettronici privati possano fornire gli stessi servizi e offrire un programma equivalente dopo una riduzione dei fondi», afferma la segretaria centrale Silvia Dell'Aquila, segretaria centrale del sindacato dei media SSM. «Oltre alle diverse regioni e alle minoranze linguistiche - commenta IL SSM - a risentirne sarebbe tutta la popolazione svizzera nonché la coesione sociale del nostro Paese».