La proposta dell'oncologo locarnese: «Pensiamo alla prima dose e copriamo più persone».
Quindi un'osservazione: «Avrebbero dovuto considerare che siamo il cantone maggiormente colpito e con il tasso di anziani più alto».
LUGANO - Oggi è il gran giorno, verrebbe da dire. Aprono infatti i battenti i centri di vaccinazione di Ascona e Tesserete, che vanno ad aggiungersi al centro di Rivera. Peccato che i noti rallentamenti nella produzione annunciati da Pfizer abbiano portato all'annullamento della spedizione di quasi 9mila dosi attese per il primo di febbraio. Risultato? Si bloccano le prenotazioni per le vaccinazioni di prossimità e, in sostanza, ci si arrangia con quello che si ha (le dosi di Moderna, in sostanza).
«Paghiamo la follia della privatizzazione...» - «Un vero peccato», sottolinea l'oncologo locarnese Franco Cavalli, memore dei fulgidi trascorsi svizzeri nell'ambito delle vaccinazioni. «Avevamo forse il miglior ente al mondo: l'Istituto svizzero dei vaccini, a Berna. Era universalmente riconosciuto come tra i migliori produttori di vaccini a livello mondiale. Una ventina d'anni fa circa, il Consiglio federale l'ha ceduto a un grande monopolio farmaceutico. E siccome queste aziende, in tempi normali non erano interessate ai vaccini - facevano guadagnare meno rispetto agli altri farmaci -, è stato praticamente smantellato».
«... e la sonnolenza di Berna» - Un errore di calcolo, secondo Cavalli, che non è isolato. Per il medico, infatti, nel momento in cui ci si doveva accaparrare più dosi possibili di vaccino, la Svizzera avrebbe «dormito». «Specie tenendo conto del fatto che Moderna ha una parte della sua produzione da noi. Il Governo federale si sarebbe dovuto muovere prima. Ora, per ragioni non facilmente comprensibili, queste aziende con vaccini approvati o in fase d'approvazione - penso ad AstraZeneca -, improvvisamente hanno difficoltà produttive. C'è chi sussurra che vogliano far aumentare i costi dei vaccini, insomma che ci siano dietro ragioni di guadagno».
«Imitiamo la Gran Bretagna» - La proposta del medico, in questo delicato frangente, è di guardare alla Gran Bretagna. «Loro stanno affrontando un duplice problema: la penuria di vaccini e l'esplosione della variante più aggressiva. Così hanno deciso di somministrare - almeno per il momento - solo una dose, in modo da coprire il maggior numero di persone possibile. Naturalmente con il richiamo si è più protetti, ma già con la prima dose pare confermato che si possa ottenere una copertura valida».
«Siamo ancora agli over 80» - Il medico fa riferimento quindi a quella parte della popolazione che è ancora a rischio e per il momento non sa quando potrà vaccinarsi. «Stanno vaccinando ancora gli over 80, ma il rischio di complicazioni c'è già a partire dai 65 anni, soprattutto in presenza di comorbilità. C'è una grande fetta di popolazione ancora a forte rischio che non sa quando otterrà la sua dose di vaccino. Ecco, mi domando a tal proposito se il Ticino si sia fatto sentire considerato il tasso di mortalità maggiore rispetto agli altri cantoni, ma anche la presenza di una popolazione mediamente più anziana. Credo che sarebbe stato corretto suddividere le dosi anche in base a questi fattori».
«Terra di favoritismi» - Riguardo le 60 dosi "sottratte" agli anziani, Cavalli non sembra stupito: «I favoritismi fanno parte della cultura ticinese. Non è la prima volta che accade, non sarà l'ultima».