È cambiato molto, dal 24 febbraio 2022 a oggi. La fine del conflitto appare vicina e, secondo Washington, quasi imminente
KIEV - Tre anni fa, il 24 febbraio 2022, la Russia lanciava quella "operazione militare speciale" che ora, senza tanti eufemismi, prosegue ancora con il nome di guerra in Ucraina.
Da parecchi mesi, l'interesse per quanto avviene sul terreno è passato in secondo piano rispetto alla complessa partita che si sta giocando nelle cancellerie. Soprattutto dopo lo scossone dato da Donald Trump nel mese che è passato dal suo secondo insediamento alla Casa Bianca. Eppure, sul fronte orientale, si continua a combattere (e morire) e nelle città ucraine le sirene della difesa aerea non hanno mai taciuto.
Attacco con droni «da record» - Non è un caso che, proprio alla vigilia di questo terzo anniversario, la Russia abbia deciso d'infrangere un record. «Sono stati avvistati 267 droni nemici nei cieli ucraini» ha comunicato il portavoce dell'aeronautica militare ucraina Yuri Ignat. Metà di questi sarebbero stati intercettati dalla contraerea, mentre ben 119 sarebbero stati "falsi droni" che non hanno provocato alcun danno. Gli apparecchi che sono riusciti a filtrare tra le maglie delle forze armate ucraine hanno colpito varie regioni, a partire da quella di Kiev.
Il campo conta meno della politica - Il conflitto è molto cambiato, in questi tre anni. La rapida avanzata che portò i russi alla periferia della capitale ucraina ha da tempo lasciato il posto a un conflitto a bassa intensità, in corso specialmente tra il Donbass e l'oblast russo di Kursk. Si combattono ancora battaglie importanti dal punto di vista strategico, ma è chiaro che quello che accade sul terreno influenzi meno l'esito del conflitto rispetto a quelli che sono i negoziati avviati formalmente da Russia e Stati Uniti, con l'incontro di qualche giorno fa in Arabia Saudita.
La pace di Trump - La volontà di Trump è chiara: la guerra deve finire al più presto e le pressioni sull'Ucraina sono diventate massicce. Il movente non è umanitario, ma economico. L'Ucraina dovrebbe siglare un accordo di sfruttamento delle terre rare presenti nel suo territorio, perché così «restituirà i dollari delle tasse americane. E sarà anche una grande partnership economica tra gli Stati Uniti d'America e per il popolo ucraino, e per la ricostruzione del loro paese dopo questa guerra brutale», ha spiegato la portavoce della Casa Bianca Carolyn Leavitt.
Fonti dell'amministrazione Trump hanno fatto sapere ai media statunitensi che un'intesa Mosca-Washington potrebbe essere raggiunta già questa settimana. Il presidente ucraino Zelensky ha più volte ribadito che nessun accordo può essere valido se l'Ucraina non viene interpellata direttamente. Tuttavia, in questa fase storica, il suo potere negoziale appare ai minimi termini. Non è un caso che domenica, nel corso di una conferenza stampa, Zelensky abbia avanzato la possibilità di dimettersi con lo scopo di agevolare il processo di pace. A un'unica condizione: l'ingresso dell'Ucraina nella Nato. C'è il fondato sospetto che la pace a cui si giungerà non sarà affatto indolore, per Kiev.
La Russia ha retto - In conclusione, quale lezione possiamo trarre da questo triennio di conflitto? La Russia ha di fatto retto al costo enorme, in termini economici e non solo, di questa guerra d'invasione. Le perdite umane sono più di 867mila, stando ai calcoli ucraini aggiornati a domenica 23 febbraio. Bisogna aggiungere un milione di cittadini fuggiti all'estero per evitare la leva. Le sanzioni occidentali sono state indubbiamente pesanti ma hanno indebolito, senza piegarlo, l'apparato economico. Vladimir Putin è ancora ben saldo al comando e ha usato il pugno d'acciaio verso i rivali interni, che fossero i dissidenti politici come Alexei Navalny o i mercenari della Wagner.
Una risposta a queste domande - L'Ucraina e i suoi alleati occidentali hanno di fatto bloccato la Russia, che non potrà definirsi vincitrice di questa guerra senza fare i conti con quelle che erano le aspettative iniziali. Ma il prezzo è stato enorme, sia in termini di vite (militari e civili) che di risorse impiegate. Ora che Trump ha reso chiarissimo che i rubinetti degli aiuti sono chiusi, Kiev e la Nato arrivano a un bivio cruciale delle rispettive esistenze. Che pace sarà, quella che ormai quasi tutti gli osservatori intravedono a un orizzonte più o meno distante ma non così lontano? L'Europa potrà garantire la sicurezza del proprio territorio se sarà costretta dalle circostanze a "fare da sola"? La Russia si sentirà legittimata, dopo essersi leccata le ferite, a replicare quanto abbiamo già visto con altri territori limitrofi? Tutte domande alle quali è difficile dare una risposta, ma che è legittimo porsi.