L'allarme è lanciato dalla presidente della Federazione dei medici svizzeri Yvonne Gilli
BERNA - L’anzianità di servizio che avanza, le carenze nella formazione di nuovi medici e le condizioni di lavoro. Sono questi i tre buchi neri che stanno risucchiando, mettendola sempre più a rischio, l’assistenza sanitaria svizzera. L’allarme viene rilanciato dalla presidente della Federazione dei medici svizzeri (FMH) Yvonne Gilli in una lunga intervista al "SonntagsBlick".
L’argomento non è certamente nuovissimo ma le prospettive analizzate non sono rosee. Il punto di partenza riguarda il ricambio tra i camici bianchi. «I medici che raggiungono l’età pensionabile possono lavorare più a lungo. Molti sono fortemente motivati a continuare anche fino a 71 o 72 anni. A patto che le condizioni generali non peggiorino».
Ecco allora che diventa necessario, per evitare eccessivi squilibri, che si provveda ad «aumentare in modo significativo il numero di posti di studio. Se non lo facciamo, la carenza di medici di famiglia diventerà ancora più marcata».
Uno dei cardini su cui far leva per imboccare questa nuova strada riguarda l’assoluta necessità di poter avere «condizioni di lavoro migliori e moderne per i medici più giovani. Inoltre la loro richiesta prevederebbe una settimana da 46 ore», spiega la presidente.
E se non ci si incamminerà su questa via ecco che si potrebbe «profilare un dramma», ha detto Gilli che ha aggiunto anche un ulteriore elemento sulla formazione dei medici. «Se decidiamo ora di istruire un numero maggiore di persone, ci vorranno ancora dieci anni prima che queste possano effettivamente esercitare la professione. Il nostro obiettivo deve quindi essere quello di ridurre al massimo tale divario tra gli anziani e i nuovi».
Sono poi molti altri i temi affrontati. Uno riguarda la distribuzione geografica dei medici che vede un’alta densità di specialisti operare nelle città mentre nelle regioni di montagna mancano i medici di base.
«Gli specialisti esercitano in grandi cliniche che sono di norma nelle città. E non è neanche vero che vi è carenza di medici di base perché gli specialisti guadagnano di più. Quattro medici su dieci in formazione continua vogliono dedicarsi alle cure di base, cioè diventare medico di famiglia o pediatra. Questo valore non è cambiato negli ultimi anni. Il motivo per cui abbiamo troppo pochi medici di famiglia non è la riduzione dei salari. Si tratta piuttosto dell’obsoleta struttura tariffaria Tarmed. Non è mai stata modificato dal 2004».
Un ultimo pensiero riguarda poi la tendenza di sempre più pazienti, visto il continuo rincaro dei costi delle casse malati, addirittura a rinunciare a servizi importanti perché timorosi di non poter pagare.
«Lo vedo quando mi prendo cura delle donne incinte. Sebbene questo trattamento sia ormai esente dalla franchigia, alcune donne arrivano molto tardi al primo controllo. Hanno paura dei costi. Anche gli anziani sono spesso molto attenti. Non è però possibile risolvere il problema limitando i costi e riducendo o eliminando del tutto dei servizi. Il ragionamento è, come visto, molto più ampio». spiega Yvonne Gilli.