Un rapporto evidenzia l'aumento dei casi di maltrattamenti contro i minorenni. Il racconto di tre vittime
BERNA - «Non sono resiliente». «Abbiamo dovuto crescere da soli». Secondo un rapporto del Consiglio federale, negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di maltrattamento denunciati a danno di donne minorenni. Molti i fatti avvenuti nel contesto domestico. Due vittime, oggi adulte, raccontano i traumi della loro infanzia.
Tra il 2012 e il 2021 i casi sono aumentati da 1'469 a 1'819. Di questi, 190 riguardano ragazze che sono state colpite da gravi violenze, quali omicidio, omicidio colposo, infanticidio, aggressione aggravata, mutilazioni genitali femminili, rapina, presa di ostaggi e stupro.
Stando al rapporto stilato dal Consiglio federale, nella maggior parte dei casi gli aguzzini delle donne vittime di violenza fisica, psicologica e sessuale sono genitori, altri membri della famiglia o vicini alla sfera famigliare. La conclusione del Consiglio: in Ticino e in Svizzera occidentale e centrale è necessario mettere in campo maggiori aiuti. Va sottolineato che i casi di violenza domestica non riguardano solo le donne, molti bambini vivono quotidianamente situazioni difficili.
Come sottolinea David, intervistato da 20 Minuten, «non bisogna distogliere lo sguardo». Nato a Zurigo e oggi sposato e con figli, racconta di un'infanzia con un padre alcolizzato e una madre impotente. Insieme al fratello ha avuto bisogno varie volte di cure mediche dopo essere stato pestato. Portavano vestiti troppo piccoli, nessuno li seguiva per fare i compiti, avevano lividi evidenti. «Abbiamo dovuto crescere da soli». Ma soprattutto, per loro «era normale». Solo in un secondo momento hanno potuto rendersi conto della gravità della situazione. Oggi non hanno più rapporti con il padre.
La prima volta che Aline è stata presa a calci aveva tre mesi. È stato il padre a raccontarglielo. Oggi, la donna ha 40 anni e racconta: «Mio fratello e io siamo stati torturati, picchiati, emotivamente trascurati e mentalmente schiacciati. Mio padre lo sapeva e non ha fatto niente». E quando i genitori si sono separati, i figli sono rimasti con la madre. «Mi ha costretto a mangiare finché non ho vomitato. E poi ho dovuto mangiare il vomito». Aline spiega che spesso la madre imitava le violenze che vedeva alla televisione. Oggi adulta, afferma di non essere «resiliente». Vorrebbe lavorare, ma non è riuscita a completare una laurea in infermieristica e nemmeno in gastronomia.
Edith scoppia a piangere quando prende la parola, raggiunta al telefono. Vittima di percosse dalla madre e di abusi sessuali da parte del patrigno, racconta il suo «inferno». «Mia madre non mi voleva, mi odiava. È quasi morta a causa mia, me lo diceva sempre». Racconta che molte persone che vivevano in paese erano a conoscenza della situazione, ma nessuno ha agito.