Anno nero per l'Azienda Elettrica cantonale che ha fatto registrare la perdita più alta della propria storia.
BELLINZONA - È stato un anno nero per l’Azienda Elettrica Ticinese (AET) che ha chiuso l’esercizio 2022 con una perdita di 56 milioni di franchi. La più alta mai registrata nella storia. All’origine di questo (brutto) risultato - che di fatto annichilisce l’utile di 19 milioni contabilizzato nel 2021 - vi è il crollo della produzione idroelettrica in Ticino (-40% sulla media pluriennale) unito all’esplosione dei costi dell’energia. In altre parole l’Azienda ha dovuto compensare i quasi 700 GWh non prodotti acquistandoli sul mercato «a prezzi multipli». La spesa? Oltre duecento milioni di franchi.
«Quello che abbiamo vissuto è stato un piccolo terremoto», ha esordito il presidente del CdA di AET Giovanni Leonardi durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati svoltasi a Monte Carasso. Gli ha fatto eco il Direttore del DFE Christian Vitta. «Il 2022 è stato in effetti un anno complicato», ha ammesso il Consigliere di Stato ricordando tutta la serie di fattori «straordinari» concomitanti - la riduzione del gas russo, l’indisponibilità delle centrali nucleari francesi e la siccità - che hanno avuto pesanti ripercussioni sull’intero settore energetico europeo, facendo esplodere i prezzi. «Ad agosto il prezzo per un kilowattora ha sfondato il muro di un franco», ha ricordato da parte sua il Direttore Roberto Pronini.
«Anno senza precedenti»
La situazione internazionale ha sicuramente pesato sui conti. Ma a dare la spallata più potente al risultato 2022 è stata la siccità. E la conseguente impossibilità di produrre elettricità con l’idroelettrico. «Lo scorso anno è stato estremo e senza precedenti», ha ribadito il Vicedirettore (e responsabile delle finanze di AET) Flavio Kurzo. «Il fattore determinante è stato la mancanza del 40% di produzione in concomitanza con l’esplosione dei costi».
Oltre alla siccità - con la pochissima acqua presente soprattutto in Leventina - a provocare la scarsa produzione idroelettrica hanno influito il blocco quasi completo dell’impianto del Ritom da luglio e dicembre (imposto dalle FFS) e lo svuotamento del bacino della Verzasca tra gennaio e giugno. «Ritom e Verzasca non hanno prodotto praticamente nulla per quasi sei mesi», ha precisato Leonardi, sottolineando come la problematica si ripeterà anche quest’anno. «I bacini non saranno pieni neppure quest’estate» ha detto, precisando che il 2023 per AET non è iniziato meglio del 2022. «Anche quest’anno - ammette - potremmo essere in sofferenza».
E il futuro?
Insomma anche il presente e il futuro prossimo restano un’incognita. Con l’approvvigionamento dell’energia che resta la priorità numero uno per l’AET. «È una sfida che l’azienda ha accolto e sta accogliendo», ha ricordato Vitta precisando come la grossa perdita registrata da AET abbia «permesso di evitare che il costo dell’aumento dei prezzi energetici terminasse tutto sulle spalle del consumatore finale». Consumatore finale che - come ammesso in conclusione da Leonardi - potrebbe veder lievitare, seppure di poco, l’importo delle proprie bollette anche nel 2024.
AET a ogni modo intende combattere le sfide legate al clima, alla volatilità dei mercati e all'instabilità geopolitica «con fiducia». «Il nostro obiettivo - ha concluso Leonardi - è quello di impegnarci a favore di un approvvigionamento sicuro e rinnovabile, investendo nell'aumento della produzione da fonti indigene, nell'ammodernamento degli impianti di produzione e della rete di trasmissione, così come l'elaborazione di soluzioni efficienti a beneficio delle aziende di distribuzione e dei clienti».