Simone Franzi, analista politico
A poco meno di un mese di distanza, siamo ormai alle soglie delle elezioni federali di ottobre. Un elemento fondamentale nella scelta dei rappresentanti al Consiglio Nazionale e al Consiglio degli Stati è la valutazione dell’agire dei partiti politici. Al di là delle differenti ideologie, ogni partito sviluppa una strategia diversa sia in campagna elettorale sia nel condurre i compiti esecutivi e legislativi. Prima di recarsi alle urne, o prima di compilare la scheda di voto da imbucare per corrispondenza, ogni cittadino fa una valutazione di candidati e partiti e, allo scopo di formare un’opinione informata, è bene sintetizzare l’evoluzione più recente delle tecniche elettorali e governative.
Nell’incessante flusso dei media di informazione e tra la cacofonia degli innumerevoli saggi accademici possiamo individuare tre tecniche che emergono dominanti nei primi due decenni del 21esimo secolo con la competizione tra partiti di massa che ne risente gli effetti. Queste tre strategie sono il populismo, la tecnocrazia, e lo sciopero. Sia bene notare che queste non sono delle novità ma sono fondate nelle radici della liberal-democrazia ticinese e occidentale.
Come spiega Daniele Caramani, professore all’Università di Zurigo, in un saggio del 2017 apparso sulla rivista americana di scienze politiche, populismo e tecnocrazia sono due forme di tecnica governativa antitetiche. Da una parte, il populismo afferma la sua azione politica facendosi guidare dalla volontà popolare; dall’altra, la tecnocrazia si basa sulla competenza di esperti nell’identificazione e realizzazione di soluzioni a problematiche socioeconomiche. Il populismo si legittima tramite la volontà del popolo mentre la tecnocrazia si legittima con la ragione. In ambedue i casi, il bene comune viene trovato tramite queste forme di legittimazione, tramite il popolo o tramite la razionalità scientifica. La competizione di idee, l’opposizione e il pluralismo vengono così soffocati perché si viene a creare una dialettica tra giusto e sbagliato che non si può confutare. I partiti politici utilizzano vieppiù queste due tecniche per legittimare il loro agire e delegittimare l’opposizione, infatti, per i populisti, l’opposizione si schiera con l’élite e contro il popolo e per i tecnocratici l’opposizione è irrazionale
Oltre al populismo e alla tecnocrazia, nel 2019 abbiamo visto risorgere una terza tecnica politica, quella dello sciopero. Emblematici sono stati lo sciopero per il clima e lo sciopero delle donne di questa primavera. Lo sciopero è una forma di azione collettiva dove l’astensione al lavoro viene utilizzata come leva per esercitare pressione su politici e dirigenti. L’originalità di questi scioperi resta nelle rivendicazioni che vanno oltre la questione del lavoro, bensì si è tratta di elevare pretese di attenzione al bene comune su tematiche esterne ai diritti dei lavoratori.
Anche in Ticino e in Svizzera queste tre strategie politiche sono oggigiorno prominenti e vengono utilizzate da vari partiti politici per raggiungere i loro obiettivi. Nel preambolo della Costituzione Svizzera viene enunciato che “libero è soltanto chi usa della sua libertà.” Per l’esercizio di questa libertà è fondamentale riconoscere nell’agire dei nostri rappresentanti queste tre strategie politiche. Solo con questa conoscenza si potrà fare una scelta indipendente alle prossime elezioni federali.