Un frontaliere 59enne sarebbe prestanome del clan Raso-Gullace-Albanese. In Ticino ha ottenuto un prestito Covid
Socio di un'azienda di manutenzione di slot-machine, si è visto negare il permesso di soggiorno causa precedenti penali. Ma questo non gli ha impedito di beneficiare dei crediti federali durante la pandemia
BELLINZONA - La 'ndrangheta in Ticino è gentile. Chiede permesso, e gentilmente lo ottiene. Di permessi, l'azienda di elettronica gestita nel Luganese da un pregiudicato di origini calabresi ne ha ottenuti in realtà diversi: un "B" per uno dei soci - incensurato, ma coinvolto in un'inchiesta antimafia del 2016 - e un "G" per l'altro. Secondo il Tribunale di Reggio Calabria, quest'ultimo sarebbe un prestanome del clan Raso-Gallace-Albanese di Gioia Tauro. In Lombardia gestiva otto società nel settore delle slot-machine, sequestrate lunedì dalla Dia di Milano.
Da questa parte del confine - Ma gli affari del "re delle macchinette", come è stato soprannominato dalla stampa italiana, non si fermavano al confine. Lo hanno superato nel 2013, con l'apertura di una società Sagl a Mendrisio, poi spostata nel Luganese secondo il registro di commercio. I due soci italiani si occupano di «import-export, produzione, distribuzione e noleggio di prodotti elettronici» ma anche «meccanici» e «alimentari». Nel magnifico Borgo però, stando a informazioni raccolte da tio.ch/20minuti, avrebbero aperto solo una bucalettere.
Un permesso no, l'altro sì - E i controlli? Dopo l'introduzione dell'obbligo del casellario giudiziale, nel 2015, qualcosa scatta. Al 59enne viene negato il permesso di residenza: ha precedenti per furto, tentato furto, ricettazione, associazione a delinquere e resistenza a pubblico ufficiale. Ma questo non gli impedisce di ottenere un permesso da frontaliere. E neanche di beneficiare, nel 2021, di un credito Covid federale.
Il prestito Covid - Trentamila franchi garantiti dalla Confederazione, per aiutare l'azienda a superare la pandemia. Contattato, il socio ancora residente in Ticino afferma di avere «ogni intenzione di restituire il prestito». Ma nel frattempo la società è stata chiusa, a fine anno. «Siamo stati fermi per otto mesi causa Covid e non abbiamo retto» precisa il 67enne, oggi pensionato. I tre collaboratori, compreso il "Re delle slot" (socio-dipendente), sono stati licenziati.
Manutentori di slot - Ma di cosa si occupava l'azienda, di preciso? «Manutenzione di slot-machine nei casinò della regione» afferma il co-titolare, a sua volta attivo nel gioco d'azzardo in Lombardia fino a tempi recenti. Sulle pendenze del socio non si esprime: «Lo conosco da sempre come un grande lavoratore, è perseguitato dalla giustizia italiana per dei pregiudizi e per le sue origini. Spero non avvenga anche in Ticino».
«Niente da nascondere» - Il Ministero pubblico della Confederazione ha ricevuto una rogatoria dagli inquirenti italiani, che vogliono vedere chiaro negli affari ticinesi del "re". Il socio - che non risulta indagato - si dice «a disposizione» della giustizia, che non ha ancora bussato alla sua porta. «Non ho niente da nascondere».