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AUSTRALIAPedofilia, preti contro le denunce dei casi appresi in confessione

04.07.18 - 19:16
Un gruppo di 600 sacerdoti cattolici di tutti gli stati e territori d'Australia ha respinto le nuove leggi in via di attuazione
Keystone / EPA
Pedofilia, preti contro le denunce dei casi appresi in confessione
Un gruppo di 600 sacerdoti cattolici di tutti gli stati e territori d'Australia ha respinto le nuove leggi in via di attuazione

SYDNEY - Un gruppo di 600 sacerdoti cattolici di tutti gli stati e territori d'Australia ha respinto le nuove leggi in via di attuazione che impongono di denunciare casi di pedofilia appresi in confessione.

Le norme hanno l'obiettivo di applicare una delle 122 raccomandazioni della Commissione nazionale d'inchiesta sulle risposte delle istituzioni agli abusi di pedofilia, che per oltre due anni ha indagato su chiese, enti di beneficenza, governi locali, scuole, organizzazioni comunitarie e polizia.

Il 'no' dei sacerdoti segue le proteste della Conferenza Episcopale Australiana che aveva definito qualche giorno fa la nuova legge "prematura e sconsiderata, apparentemente provocata dal desiderio di penalizzare la Chiesa cattolica senza considerare correttamente le conseguenze della decisione", come detto dal presidente dei vescovi, mons. Mark Coleridge.

Già in passato, in Irlanda, era stato messo in discussione il segreto del confessionale in relazione ai reati di pedofilia. Ma la proposta del 2011 non divenne mai legge. Da ottobre il South Australia sarà invece il primo degli Stati ad abolire l'esenzione finora accordata al segreto del confessionale dall'obbligo di denuncia. I sacerdoti saranno passibili di multe di 10 mila dollari (6500 euro) se non riferiranno informazioni su casi di abusi apprese in confessione. Leggi simili sono state annunciate in Western Australia, in Tasmania e nel Territorio della capitale federale Canberra.

Secondo il presidente dell'Australian Confraternity of Catholic Clergy, padre Scot Armstrong, "ogni sacerdote farebbe tutto il necessario per proteggere i bambini, ma senza violare il sigillo della confessione. E un simile obbligo non sarebbe comunque di alcun aiuto per loro". "Con un'intrusione dello stato nel dominio del sacro, tali leggi violano la libertà di religione", ha aggiunto.

"I cattolici professano che Cristo ha istituito il sacramento della penitenza per il perdono dei peccati. La natura del peccato comporta la colpevolezza del peccatore davanti a Dio, e l'assoluzione è affidata da Cristo al sacerdote, che deve giudicare la genuinità del pentimento. Il sigillo del sacramento si applica al rapporto personale del penitente con Dio - spiegano i prelati - e quindi non è solo questione di diritto canonico ma di diritto divino, da cui la Chiesa non ha il potere di esentare".

"La Confraternita e i 600 sacerdoti che hanno aderito considerano le nuove norme inattuabili, oltre che inaccettabili in principio", conclude il documento.

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